Caria (PCI): “Sempre più soldi alle armi e meno a salute e sanità!”

Riceviamo dal segretario Provinciale di Viterbo PCI, Luigi Caria, e pubblichiamo

I veri responsabili dei tagli alla sanità sono dei governi che in questi 10 anni ci sono stati dovremmo chiamarli per nome: il primo governo Monti (2012 – 2013) promessi alla sanità 8 miliardi di euro, mai arrivati; il secondo governo Enrico Letta (2014) con la finanziaria sono spariti 8,4 miliardi di euro; il terzo Matteo Renzi (2015 – 2017) è riuscito ha negare alla sanità circa 16,6 miliardi di euro fondi che erano previsti; il quarto Paolo Gentiloni (2018) ha seguito i suoi predecessori ad ospedali e strutture sanitarie ha tolto 3,3 miliardi di euro con la finanziaria del 2019; poi con il governo Giuseppe Conti ha chiuso il cerchio con un taglio del 0,6 miliardi di euro. Adesso con un governo Meloni non è che stiamo meglio perché ha già detto che nella sua finanziaria ci sarà un ulteriore taglio alla spesa sanitaria.

Io penso che dietro ci sia un programma politico per cercare di mandare in tilt il sistema sanitario nazionale, Il governo Meloni continua sulla strada dei suoi predecessori Tale decisione porterà l’Italia ad aumentare le spese militari fino al 2% del Pil entro il 2028, mentre attualmente la spesa per armamenti è pari all’1,54% del Pil. Secondo i due ministri occorre rimpinguare le scorte di armi debilitate dagli invii in Ucraina, fatti in contrasto con l’articolo 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) e in contrasto con il parere della stragrande maggioranza dei cittadini e delle cittadine italiani/e, come risulta dai sondaggi: in sostanza contro l’articolo 1 della Costituzione, secondo cui “La sovranità  appartiene al popolo”.

Da dove verranno i soldi per tale incremento delle spese militari? Ovviamente dal taglio delle spese sociali, per le pensioni, per la scuola pubblica (con il taglio di sedi e di organico a partire dal 2024/25), e soprattutto dal continuo definanziamento di quel Servizio Sanitario Nazionale che la legge istitutiva, la 833 del 1978, aveva previsto atto a mantenere la salute, prima ancora che per curare le malattie: salute che l’articolo 32 della Costituzione afferma essere “interesse della collettività”, oltre che “fondamentale diritto dell’individuo”.

Secondo il 18° rapporto del CREA Sanità – Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità, iniziativa nata nel 2003 presso l’Università di Roma Tor Vergata – alla sanità pubblica italiana mancano almeno 50 miliardi per arrivare a una incidenza media sul Pil analoga a quella degli altri Paesi europei. La spesa sanitaria italiana è salita dal 2000 al 2021 in media del 2,8% ogni anno, il 50% in meno degli altri Paesi UE. “Per recuperare servirebbe una crescita del finanziamento di 10 miliardi all’anno per 5 anni oltre a quanto necessario per garantire la stessa crescita degli altri Paesi”. Tuttavia “ nei documenti di finanza pubblica sono previsti meno di 2 miliardi all’anno, un settimo del necessario”. Il rapporto tra spesa sanitaria e Pil precipiterà al 6,1% nel 2025, un rapporto ben inferiore ai livelli pre Covid, già allora assai basso.

Intanto il Servizio Sanitario Nazionale è al collasso. Mancano medici/che sia ospedalieri/e che di medicina di base, mancano ostetriche, mancano in misura ancora maggiore infermieri/e professionali, manca perfino il personale amministrativo, il che costringe i medici a sottrarre tempo al servizio diretto per la salute, già ridotto all’osso.

Intanto si avvantaggia la sanità privata mirante al profitto, che ovviamente non si occupa dei servizi territoriali di prevenzione, ma si concentra su cure specialistiche e macchinari costosissimi, sui quali si lucrano profitti. Una delle conseguenze, come ha messo in luce un recente studio pubblicato sulla rivista Lancet relativo alla Gran Bretagna, è che il continuo ampliamento del settore sanitario privato corrisponde a “un aumento significativo dei tassi di mortalità curabile, potenzialmente come risultato di un calo della qualità dei servizi sanitari”. Non abbiamo motivo di ritenere che ciò non avvenga anche nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia, in cui sono stati costruiti, sia per successive aggregazioni di strutture private, sia mediante nuove realizzazioni, autentici potentati economici.

Poi non parliamo dei Governatori Regionali che anche loro hanno avuto la loro parte con tagli alle strutture sanitarie qui a Tarquinia abbiamo visto delle scelte scellerate, prima con il Presidente Zingaretti adesso con il Presidente Rocca hanno fatto delle scelte sempre in favore alle strutture sanitarie private.
Il Governatore Rocca vuole potenziale gli organici ospedalieri delle coste laziali lasciando fuori quello di Tarquinia, per fortuna abbiamo una consigliera di maggioranza che ci dovrebbe dare una mano a risolvere i problemi del nostro amato ospedale, ecco perché noi comunisti stiamo vicino al comitato dell’ospedale di Tarquinia e se vorranno fare una manifestazione noi staremmo a fianco a loro per qualsiasi lotta vogliono fare.