di Leo Abbate
Ve lo confesso, io non li ho visti i rigori. Dopo aver dominato tutta la gara senza infilare uno straccio di pallone in rete, la beffa di uscire ai penalties sarebbe stato un colpo che il mio vecchio cuore poteva non reggere e così, al fischio finale di Proença (a proposito, visto che arbitro? Dopo aver sopportato tanti scalzacani, è stato un trionfo per l’anima veder arbitrare uno così) sono scappato. In compenso li ho sentiti, perché c’era la solita dozzina di ragazzi davanti al mio televisore e il “sonoro” arrivava, più inquietante della visione stessa.
Ad un certo punto un “NOOOOOO!”, una specie di ruggito feroce, m’ha fatto calare la pressione; ma poi, poco dopo la voce di Ciurluini – “Pirlo è matto!!”– e l’esclamazione di Marcucci – “No! Ha le palle!!!” – il tutto poco dopo seguito da grida di vittoria incontenibili m’ha fatto capire che l’incubo era finito.
Una sola squadra meritava di passare il turno: la nostra. Gli inglesi credono di giocare all’italiana ma hanno prodotto un calcio brutto, distruttivo e povero. Per tutta l’interminabile partita, i nostri avversari hanno avuto l’impalpabile percezione della loro inferiorità tecnica e agonistica e questa leggera puntura di spillo che tormentava la loro coscienza è diventata limpida certezza quando Pirlo si è preso beffe di loro con un rigore che ho potuto rivedere a mente fredda e che mi sembra un vero e proprio sberleffo, una sorta di sprezzante, canzonatorio, burlesco, beffardo schiaffone, paternalista e al tempo stesso distaccato e signorilmente somministrato, quasi come una sorta di gratificazione.
La reprimenda di un maestro nei confronti del proprio imberbe alunno, sprovveduto ed inesperto.
Da quel momento, la povera Albione ha ceduto di schianto, il rossore delle sue guance, da congestionamento da fatica che era, si è fatto verecondo rossore, turbamento dell’animo, smarrimento e soggezione tanto grandi da far desiderare di non incontrare mai più chi tanto travaglio ha saputo provocare. L’epilogo è stato scritto, dal più saggio dei nostri precettori, con l’inchiostro dell’ironia.
Giovedì ce la dovremo vedere con una macchina praticamente perfetta, con la quale non potremo permetterci il lusso di dominare sterilmente come abbiamo fatto con gli inglesi: uno schiacciasassi implacabile, congegnato in modo che a prevalere sulla classe e sulla forza individuale sia lo strapotere del collettivo. Non ci sono molte ragioni valide per essere ottimisti, due sole: siamo parecchio in credito con la fortuna e i tedeschi hanno una paura fottuta di noi, anche se non lo ammetterebbero mai.
Il passato parla da solo, anche quando sono riusciti, raramente, a prevalere, gli abbiamo fatto sputare l’anima. Speriamo che anche in questa occasione sia così. Non dobbiamo far troppi voli pindarici: è l’undicesima volta che arriviamo alle semi finali degli europei ma, come tutti sanno, li abbiamo vinti una volta soltanto.