Riceviamo e pubblichiamo
Alla presenza di ricercatori, forestali, esperti, appassionati e cittadini nella mattina del 23 ottobre si è aperta a Roma, presso la saletta dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Corpo forestale dello Stato, la mostra convegno intitolata “Capsicum! Il peperoncino: varietà, tutela, utilizzi e curiosità” che resterà aperta al pubblico fino alla sera di sabato 25 ottobre 2015 esponendo oltre cento varietà di peperoncini presenti come piantine vive, composizioni di bacche e materiali fotografici.
Scopo dell’evento è quello di mostrare un prodotto agroalimentare che, pur non avendo origine italiana in quanto proveniente dal Sudamerica, si è fortemente imposto nella cucina mediterranea tanto da diventare un elemento irrinunciabile del gusto e sta progressivamente guadagnando spazio ed interesse anche per altri usi non alimentari, primi fra tutti quelli ornamentali e farmaceutici. La mostra convegno è stata resa possibile grazie ad una sinergia tra l’Azienda sperimentale ARSIAL (Agenzia regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) di Tarquinia, che da anni coltiva e studia centinaia di varietà di peperoncino derivate per lo più da collezioni private ed ha messo a disposizione materiali e competenze per organizzare la mostra, e dal Corpo forestale dello Stato, che possiede compiti istituzionali di rilievo connessi con i controlli per la sicurezza agroalimentare e che gestisce una Riserva Naturale Statale, quella delle Saline di Tarquinia, che si trova nello stesso contesto rurale dell’Azienda sperimentale di Tarquinia con cui collabora.
Al convegno, che ha destato grande interesse e curiosità ed è stato ripreso da numerose agenzie di stampa e da vari notiziari, sono intervenuti cinque esperti in vari aspetti del peperoncino: Gianluca Baiocchi del Corpo forestale dello Stato per i controlli agroalimentari messi in atto con successo contro le frodi, Claudia Sbrenna dell’Azienda Sanitaria Locale dell’Umbria sui numerosi usi medicinali della capsaicina contenuta nelle bacche, Claudia Papalini che ha illustrato le attività sperimentali dell’ARSIAL e sottolineato gli usi ornamentali della specie, Alberto Manzo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che ha inquadrato le problematiche della filiera del peperoncino nell’ambito del settore delle piante officinali. Sono seguiti poi gli intervenuti Claudio Dal Zovo dell’Associazione Pepperfriends che ha parlato del crescente interesse degli appassionati di questa spezia testimoniato anche dal forum dell’associazione, Vincenzo Barbieri, noto ristoratore della Calabria, terra di adozione del peperoncino che attorno ad esso ha costruito una vera e propria cultura e Massimiliano Mariola di ‘Gambero Rosso Channel’, celebre chef e conduttore televisivo che ha fornito i propri consigli sull’uso di queste bacche. Alla fine dell’incontro si è tenuta una degustazione di prodotti tipici calabresi a base di peperoncino che ha mostrato, in pratica ed una volta di più, la bontà e multiformità del prodotto. Presente tra il pubblico anche una piccola delegazione degli studenti del primo anno del nuovo corso di “Agraria, Agroalimentare e Agroindustria” dell’I.I.S. “Vincenzo Cardarelli” di Tarquinia, piccoli ospiti d’onore del convegno che hanno ricordato l’importanza di una corretta educazione e formazione anche agroalimentare per le nuove generazioni.
La piccantezza della maggior parte delle bacche – che non è un gusto ma una sensazione – è merito della capsaicina, un alcaloide che trova impieghi in diversi campi. La placenta, i filamenti e i semi stessi contengono una concentrazione particolarmente alta di capsaicina, che provoca una sensazione di calore e di dolore al quale il corpo umano reagisce come se si trovasse ad una temperatura di circa 43 gradi. Questo alcaloide è incolore e insapore, a parte il fatto di essere piccante, inoltre è molto resistente sia agli effetti del tempo sia alla temperatura: non viene distrutto né cucinandolo né congelandolo e non è idrosolubile. I peperoni che usiamo abitualmente sono varietà coltivate in modo da ridurre, di norma, al minimo o totalmente il contenuto di capsaicina.
La scala di Scoville classifica le varie specie in base al grado di piccantezza: la classifica dei peperoncini più piccanti incorona al momento il Trinidad Moruga Scorpion (1.4 milioni Unità Scoville). Notevole anche l’apporto vitaminico: vitamina A, vitamine B1, B2, B6, C e vitamina E.
Dal convegno è, quindi, emerso un messaggio corale unitario: accanto ad un grande interesse sia colturale che culturale sul peperoncino, ad una crescita e diversificazione nei suoi usi ed alla possibilità di utilizzarlo come prodotto agricolo di qualità per la promozione economica del territorio da cui proviene, ci si raffronta una realtà dei numeri molto diversa. Solo tre peperoncini su dieci, infatti, sono di produzione italiana, mentre per il resto si tratta soprattutto di prodotti secchi e macinati provenienti dall’Asia (Vietnam, Cina, Pakistan) che al basso costo uniscono anche una qualità molto ridotta e la possibilità di aver subito numerose alterazioni dannose per la salute: fra di esse va ricordata la presenza di pesticidi non autorizzati e di coloranti non alimentari quali il famigerato ‘Sudan rosso’, al cui contrasto ha contribuito anche il CFS a partire dal 2004. E’ stata, quindi, sottolineata l’importanza di leggere l’etichetta sui prodotti a base di peperoncino al fine di ricostruirne provenienza e metodi di conservazione e raccomandato l’utilizzo di prodotti locali, meglio ancora se freschi o certificati, anche s e molto lavoro resta ancora da fare sulla ricerca e descrizione delle singole varietà. Evidenziato anche come la coltivazione del peperoncino in Italia sia ancora un settore di scala molto piccola, frammentata e familiare: ciò da un lato garantisce alcune eccellenze in quanto prodotto “di nicchia” ma proprio questa scala ridotta genera grandi limitazioni per l’accesso al mercato e non riesce ad esprimere tutte le sue potenzialità utili a sviluppare i territori anche marginali sui quali la sua coltivazione potrebbe essere promossa con successo.
Buono, sano ma anche e soprattutto terribilmente bello: come hanno potuto constatare di persona i partecipanti del convegno e della mostra, che nei locali luminosi della Sala URP possono ammirare l’incredibile varietà di forme e colori delle piccanti bacche provenienti da Tarquinia, allestite su un bancone in modo da farne risaltare al massimo la diversità: nell’angolo delle mura serviane custodite nella saletta è stato, inoltre, allestito un piccolo ma molto suggestivo giardino di peperoncini in vaso, che illustra in vivo la multiformità delle cinque specie principali di Capsicum domesticate (Capsicum annum, Capsicum chinense, Capsicum baccatum, Capsicum frutescens e Capsicum pubescens). Completano l’ambiente una serie di pannelli fotografici realizzati dall’ARSIAL grazie a gigantografie di frutti e fiori di peperoncino presenti nella serra e nel campo catalogo tarquiniese, quest’ultimo aperto alle visite del pubblico fino a fine mese.