Vi è mai capitato di leggere un libro, lasciarvi trasportare dalla storia, assaporare le sue parole ma allo stesso tempo sentire come una sorta di mancanza? Siete lì, vi state godendo il momento ma c’è qualcosa che non va, vorreste un elemento che completasse il senso di quello che state leggendo: la musica.
Chi l’ha detto che solo i film possono avere una colonna sonora? Perché non aggiungere l’ascolto di un brano che si adatti a pennello alle vicende dei protagonisti dei vostri libri preferiti? Noi ci abbiamo provato ed è così che, da due grandi passioni fino ad ora rimaste isolate, è nata la rubrica Book Notes.
Ora non vi resta altro che munirvi di un qualsiasi dispositivo che vi permetta di sentire le canzoni proposte mentre leggete le recensioni e il gioco è fatto.
James Brown – “It’s a Man’s, Man’s, Man’s World” on Spotify
di Francesca Quondam Vincenzo
In seguito al decreto emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri le manifestazioni culturali previste sono state rimandate per motivi di sicurezza. Tra le vittime c’è Feminism, la Fiera dell’editoria delle donne, che era prevista per i giorni dal 5 all’8 marzo nella stupenda cornice dell’antico Palazzo del Buon Pastore di Roma.
Sono tempi duri per tutti ed è proprio per questo che ora più che mai dobbiamo sostenere chi cerca costantemente di promuovere un tipo di informazione che va oltre il mero elenco di notizie, quel genere di idee e consapevolezze che sanno germogliare anche in mezzo alla paura e ai dubbi.
A tutti quelli che sono stati costretti a rallentare, a prendersi dei giorni di riposo forzato, a mettere in stand-by la frenesia del quotidiano, chiedo una cosa: leggete e magari concedetevi un po’ di tempo per pensare che un libro ben scritto a volte può essere utile quanto un vaccino.
Quante volte noi portatrici sane di ormoni ci siamo trovate a ripetere la frase “lascia stare faccio da sola che faccio prima”? Quante volte oberate dallo stress quotidiano che schiaccia la nostra vita tra lavoro, incombenze domestiche, figli da portare a calcio, a lezioni private e chi più ne ha più ne metta, siamo esplose per un nulla sentendoci dire “qualcuno qui ha il ciclo eh”? Quante volte ci siamo trovate a dire “no grazie” a qualcosa a cui tenevamo molto per non lasciare da solo il nostro compagno che ci aspettava a casa con un temutissimo 37,5 di febbre?
E quante volte alla nostra ennesima lamentela sui piatti sporchi lasciati a marcire nel lavandino, sui panni mai stesi e mai ritirati, sulla carta della merendina abbandonata in mezzo al tavolo come un caduto di guerra ci hanno sbattuto in faccia la frase “bastava chiedere”?
Nel suo libro che si intitola proprio “Bastava chiedere. 10 storie di femminismo quotidiano” Emma, una fumettista e femminista francese, usando il linguaggio semplice e diretto delle vignette ci fa riflettere su quanto certe costruzioni mentali, come il senso di angoscia che ci assale quando c’è la casa da sistemare e di cui solo noi ci sentiamo essere responsabili, dopo anni e anni di lotta per i diritti delle donne siano ancora così ben radicate da renderci vittime e carnefici allo stesso tempo. Sì perché non c’è scritto da nessuna parte che dobbiamo essere noi donne a preparare la cena, a rientrare prima a casa da un lavoro che magari adoriamo per andare a prendere il bambino all’asilo mentre il nostro compagno si sente in diritto di restare in ufficio e anche magari di farsi una birra con i colleghi perché “tanto c’è mia moglie a casa che pensa a tutto.”
Questo perché “he’s lost in the world of man”, in un mondo in cui cioè a contare è il suo ritmo.
Quando James Brown cominciò a comporre nel 1963 “It’s a Man’s Man’s Man’s World”, affidò la stesura del testo a Betty Jean Newsome che si ispirò a certi versi della Bibbia ma soprattutto ai ruoli di genere vigenti nella società, ruoli cioè che eleggevano a sovrano indiscusso l’uomo e il suo intelletto capace di creare tutto ciò di cui si aveva bisogno e rilegavano la donna a responsabile della casa e degli affetti. Erano gli anni ’60 e tutto ciò che ci veniva chiesto era di essere bravi mogli e brave mamme. Sono passati più di cinquant’ anni da quando la stesura finale del pezzo uscì nel 1966 e non so come la vediate voi, ma a mio avviso non abbiamo fatto così tanti passi in avanti come crediamo.
Il fatto è che non si tratta di essere femministe, non ho mai avuto il coraggio di appiccicarmi addosso un’etichetta così piena di sfaccettature politiche e morali insieme. Si tratta di cercare di uscire fuori da una mentalità che si basa sull’idea che “man made the cars to take us over the road, man made the trains to carry heavy loads, man made electric light to take us out of the dark, man made the boat for the water, like Noah made the ark” e che ormai risulta essere un po’ poco calzante con la realtà dei fatti visto che non solo tutte queste cose siamo in grado di costruircele da sole, ma abbiamo anche risolto la questione dell’apertura del tappo dei barattoli delle conserve (è ora che qualcuno vi dica la verità: vi chiediamo aiuto solo per non ferire il vostro ego).
Tutto ciò sarà possibile solo quando noi per prime ci ricorderemo che questo “man’s world” “would be nothing without a woman or a girl”, che siamo noi cioè le prime a pensare che certi compiti siano “da femmina” perché possiamo fare mille cortei, ricoprire tutto il mondo di slogan a favore dei nostri diritti, ma sarà tutto inutile se non avremo il coraggio di riappropriarci di tutti quei minuti, ore, giorni che sacrifichiamo solo per non deludere le aspettative di un ruolo che ci è rimasto attaccato addosso da secoli e che non riusciamo a smettere di nutrire.