Vi è mai capitato di leggere un libro, lasciarvi trasportare dalla storia, assaporare le sue parole ma allo stesso tempo sentire come una sorta di mancanza? Siete lì, vi state godendo il momento ma c’è qualcosa che non va, vorreste un elemento che completasse il senso di quello che state leggendo: la musica.
Chi l’ha detto che solo i film possono avere una colonna sonora? Perché non aggiungere l’ascolto di un brano che si adatti a pennello alle vicende dei protagonisti dei vostri libri preferiti? Noi ci abbiamo provato ed è così che, da due grandi passioni fino ad ora rimaste isolate, è nata la rubrica Book Notes.
Ora non vi resta altro che munirvi di un qualsiasi dispositivo che vi permetta di sentire le canzoni proposte mentre leggete le recensioni e il gioco è fatto.
Te lo faccio vedere chi sono io on Spotify
di Stefano Tienforti
Non avevo la minima conoscenza dell’esistenza di Pier Vittorio Tondelli sino al consiglio sul suo “Altri libertini” dell’amico Matteo Paoloni. Ho iniziato così a leggerlo, senza indagare. Al primo tentativo, qualche mese fa, l’ho abbandonato a pagina sei e probabilmente non mi sarei reso conto dell’errore se i casi della vita non lo avessero, nei giorni scorsi, reso l’unico libro a immediata disponibilità.
Nei primi episodi – il libro ne conta sei, con differenti protagonisti ma connessi tra loro da alcune ricorrenze – ho ritrovato un po’ del modo realista di Pasolini in cui mi ero imbattuto poco prima. Via, via, andando avanti, mi ha riportato in mente anche Enrico Brizzi e il suo “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” (che invece non leggo da un bel po’, per cui prendete questa somiglianza come una sensazione istintiva). Ad aiutare c’è il fatto che entrambi facciano base in Emilia e, ancora di più, il frequentissimo ricorso che i due autori fanno alle citazioni musicali, un “trucco”, se vogliamo, per far immedesimare emotivamente i lettori di una determinata generazione, coccolati dalle canzoni che hanno segnato i loro animi. Anche per questo, forse, sono diventati libri cult delle rispettive generazioni. Dico questo senza voler sminuire assolutamente la capacità delle due opere di raccontare il disorientamento dei giovani protagonisti alla ricerca del loro posto in una società in cui, il posto, non sembrano trovarlo e che anzi pare rigettarli.
Certo, le storie di Tondelli sono più esplicite di quelle di Brizzi – l’opera finì infatti a processo per oscenità – eppure c’è nel raccontare questo panorama di disagi, slanci, alcool, scoperta, droga e sesso, una capacità poetica clamorosamente abile nel trasmettere, soprattutto per quanto riguarda l’amore, spesso omosessuale e quasi sempre sofferto e intenso.
Da qui la scelta della canzone, che non è nessuna delle tantissime citate da Tondelli. Perché allora Piero Ciampi? Perché in qualche modo vedo nei due la stessa voglia di raccontare e raccontarsi tramite la poesia abbinata, in un caso e nell’altro, a musica e narrativa.
E che sono quei cenci
Che hai addosso?! ma che è, ma fammi capire…
Ma senti… ma io… ma come! Tu sei… sei la mia…
E stiamo in questa stamberga coi cenci addosso!
C’è, nell’evidente differenza di temi e toni, la stessa capacità d’immediatezza nel descrivere il mondo che vivono. Lo stesso effimero, quasi ingenuo entusiasmo verso l’amore che trasmettono: nostalgico, probabilmente ubriaco. Il che, almeno in me, disegna l’identikit di ciò che sento di definire autenticamente “romantico”.