Riceviamo e pubblichiamo
In questa ridda di voci urlanti, credo sia giunto il momento che i cittadini conoscano dalla mia voce i motivi che mi hanno costretto a prendere la difficile decisione di presentare le dimissioni da presidente della Università Agraria.
Il mio silenzio è stato dettato non da motivazioni personali ma dalla necessita di tenere sempre aperta la porta del dialogo politico.
Un dialogo che, purtroppo, fin dall’inizio del mio mandato, non c’è mai stato.
Tra le motivazioni che mi hanno portato a questa sofferta decisione, c’è in primis la pressione sfiancante dei Moderati e Riformisti, in seno al Consiglio e nei confronti del sottoscritto, che si è prodotta su ogni genere di argomento, da quelli politici a quelli di più semplice routine.
Da primo giorno successivo alle elezione, quando essi hanno rivendicato il successo politico, ma usandolo allo stesso tempo per ribaltare gli accordi politici siglati dalla coalizione prima delle elezioni.
Durante la prima assise, nonostante sussistesse la possibilità di eleggere il Presidente del Consiglio, vista la presenza dell’opposizione, tale opportunità è stata vanificata dai Moderati, i quali, prima votavano scheda bianca e successivamente a favore di due loro consiglieri, non raggiungendo comunque un numero di voti sufficienti e disattendendo cosi quelli che erano gli accordi sottoscritti.
La nomina degli assessori, in quota ai moderati riformisti, è avvenuta con molta difficoltà. Infatti essi non si sono subito accordati sui nomi e sul numero dei loro amministratori, e comunque chiedendo che ne fossero designati più di quanto concordato, il tutto in una tempistica estenuante.
Al termine di questa lunga discussione, che riguardava i Mori, tramite un accordo al loro interno, hanno designato due assessori, rivendicando con forza l’incarico alla cultura e l’incarico alle concessioni terriere.
Sulla necessità di un assessorato alla cultura, il Partito Democratico ha da subito manifestato la propria perplessità, per un ruolo tanto distante dalla vocazione dell’Ente, nonchè dalle necessità attuali che vedrebbero più appropriate deleghe di estrazione tecnica.
Il sottoscritto, di fronte alle continue rivendicazioni di incarichi da parte dei MORI, ha sempre risposto con la diplomazia e la disponibilità di cui si era umanamente capaci.
Ciò nonostante, durante il consiglio del 28 aprile, il consigliere anziano dei Mo.Ri, in modo del tutto estemporaneo rispetto all’iter prefissato e percorso con la maggioranza fino a quel momento, ha chiesto di anticipare un punto all’ordine del giorno per fare in modo di votare il bilancio consuntivo 2015 ma non quello preventivo 2016: strumento indispensabile per il proseguo dell’attività amministrativa e sintesi dell’accordo politico della maggioranza stessa.
Questo mi costringeva ad interrompere la seduta e solo di fronte alla minaccia delle mie dimissioni si poteva riprendere il consiglio, al fine di votare il bilancio.
Alla ripresa, i moderati riformisti, hanno posto come condizione dell’approvazione del bilancio, una mia dichiarazione circa l’assegnazione e la modifica delle deleghe, quindi della costituzione delle commissioni; in rapporto a quelle che erano le loro richieste. Questo accaduto ritengo abbia toccato il massimo della scorrettezza politica oltre ad una paradossale ipocrisia se rapportata a quelli che dovrebbero essere i rapporti con il Presidente stesso.
Da quel momento ho anche compreso che i MORI non hanno (essi) compreso che tipo di persona e di amministratore ho in animo di essere; distante anni luce da questo modo di intendere la politica e l’amministrazione.
È seguita una fase piuttosto convulsa, durante la quale gli assessori dei Mo.Ri. hanno preso più volte iniziative personali non condivise con il presidente; un esempio per tutti: proporre di stornare il compenso della figura del presidente del consiglio dal bilancio, con un risparmio di circa € 6000 annui per tutto il 2016 – e ciò senza alcun confronto con il Presidente e con la maggioranza.
Analoga situazione è avvenuta per la designazione dei componenti delle commissioni e dei capigruppo.
I lavori della commissioni stesse sono sempre stati fortemente condizionati dalla posizione dei componenti dei moderati riformisti, in particolar modo quella che si occupa della riforma e revisione dello statuto; una per tutte: la proposta di aggiungere due assessori e togliere la posizione del Presidente del Consiglio – alla faccia del risparmio.
Anche per quanto riguarda le altre commissioni si sono continuamente registrate assenze assunzione di posizioni di contrasto con l’indirizzo espresso dal Presidente.
Durante le riunioni, più di un consigliere dei Moderati Riformisti ha espresso la propria posizione in favore di proposte e mozioni presentate dai consiglieri di opposizione; come nel caso del tracciato della trasversale, il bilancio, l’istituzione delle commissioni e questioni pendenti con il Consorzio di Bonifica.
Tale doppiezza politica si è manifestata nella massima evidenza in uno degli ultimi consigli, che aveva all’ordine del giorno un documento sul arrivo di migranti da accogliere nel territorio di Tarquinia.
Il documento è stato presentato nella riunione di maggioranza che di norma precede ogni Consiglio dell’Università Agraria.
Nessun consigliere dei Riformisti ha manifestato in quella occasione la benché perplessità, e meno che mai contrarietà verso il contenuto del documento, tanto che lo stesso era proposto al Consiglio dai tre capi gruppo; salvo poi il colpo di scena, che si è sostanziato addirittura nel voto in Consiglio, il giorno stesso!
Questo è stato il clima con il quale mi sono dovuto misurare negli ultimi mesi; alle mie ripetute richieste di chiarimento e di armonizzazione dell’azione di governo dell’UA, il gruppo dei Moderati e Riformisti ha sempre risposto che “essendo loro la maggioranza della coalizione spetta a loro la gestione degli atti di indirizzo e di governo”.
L’esasperazione e la reiterazione di questa condotta, di innegabile valore politico, ha di fatto impedito, a me e ai miei collaboratori, di continuare ad assolvere il mandato elettorale ottenuto dieci mesi fa.
Come ho scritto poco sopra, non sono la persona e l’amministratore per questo stile; uno stile che i MoRi impersonano non solo a Tarquinia, ma ormai in ogni comune della Provincia, ove sempre più frequentemente sono ragione di tensioni e contrasti con gli amministratori e i circoli del Partito Democratico.
Uno stile, il loro, che possono scegliere di cambiare; io non cambio il mio: io voglio governare l’ente al quale i cittadini e gli utenti mi hanno eletto, non misurare gli equilibri con i bilancini di una politica che non esiste più da decenni, specie considerata l’attuale congiuntura.
Se non si può governare è meglio andarsene, questo lo dobbiamo per rispetto dell’Ente e dei cittadini con i quali abbiamo preso degli impegni. Se qualcuno se ne dimentica lungo il percorso se ne prende le responsabilità.
Certo è che né io né tantomeno il PD siamo attaccati alle poltrone al punto tale da rinnegare sia l’immagine mia personale, sia l’azione di governo che il mio partito è abituato ad attuare.
Il Partito Democratico, con lealtà, ha onorato per quanto ci è stato umanamente possibile gli impegni presi durante la campagna elettorale e questo è giusto che i cittadini lo sappiano.
Non è nel mio stile cercare soluzioni che non siano quelle che permettono di amministrare con serietà e lealtà in piena trasparenza; senza questi presupposti, è inutile giocare il gioco di chi non considera impegni e programmi e utilizza, invece, la presenza nelle istituzioni cittadine al solo fine di sperimentare una supremazia, peraltro assai modesta in termini di preferenze – e del tutto contingente, come è evidente per chiunque mastichi un poco di politica.
Per tacere degli scopi personalistici, inconfessati, ma che sempre più spesso si vedono, e neppure in controluce ormai.
L’Università Agraria, Tarquinia, la Tuscia hanno bisogno di modelli di amministrazione e governo completamente diversi.
Per questo, e solo per questo, io mi sono candidato, e sarò sempre a disposizione.
Grazie comunque a tutti quanti mi hanno dato la loro fiducia, cui chiedo scusa se non siamo, comunque, stati capaci di far meglio, pur sopportando gli sforzi immensi che le nostre forze ci hanno consentito.
Alberto Blasi