Riceviamo e pubblichiamo
Verrà presentato alla STAS sabato 18 gennaio, alle ore 17.00,nella Sala Sacchetti di Palazzo dei Priori, il libro che narra la vita di Beatrice Orsini Sacchetti, tra i maggiori protagonisti della Roma di Pio IX. Vero modello di nobildonna, difese con fierezza la bandiera del Papato tanto da meritarsi il titolo di “Regina Nera”. La sua vita è narrata nel libro del giornalista Andrea Cotticelli “Beatrice Orsini Sacchetti la regina nera nella Roma papalina del XIX secolo”, edito da De Luca Editori D’Arte, con il patrocinio della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus, con cui la STAS è in partenariato.
Nella seconda metà dell’Ottocento, durante i pontificati di Pio IX e Leone XIII, la marchesa Beatrice Sacchetti nata principessa Orsini (1837-1902) seppe muoversi con abilità e ingegno nel complicato labirinto dell’aristocrazia romana, difendendo con fierezza la bandiera del Papato, tanto da meritare il titolo di “Regina Nera” tra la nobiltà nera di Roma.
Discendente di una delle più illustri e antiche famiglie d’Italia, era la figlia del Senatore di Roma e Principe Assistente al Soglio Pontificio, nipote del più ricco banchiere dell’Urbe e moglie del Foriere Maggiore dei Sacri Palazzi Apostolici.
Il suo ingresso nella famiglia Sacchetti portò grande lustro alla casata e il suo salotto, nell’affascinante scenario delle sale affrescate di Palazzo Sacchetti in via Giulia a Roma, accolse i grandi nomi della nobiltà e del clero, ufficiali dell’esercito pontificio, diplomatici stranieri, artisti e intellettuali, come il compositore ungherese Franz Liszt, lo scultore francese Jean Pierre Dantan e il pittore romano Cesare Mariani.
Donna affascinante e di carattere volitivo, alla dissoluzione dello Stato Pontificio prese a cuore la causa del Pontefice, manifestando costantemente la sua fedeltà e devozione al Papa e alla Santa Sede attraverso diverse iniziative e si rivelò un punto di riferimento per tutta la nobiltà nera che, per protesta contro gli usurpatori di Roma, stabilirono all’unanimità di chiudere i portoni dei loro palazzi in segno di lutto. I più tenaci fra di loro furono i marchesi Sacchetti, che avrebbero riaperto l’imponente portone del loro palazzo solamente nel XX secolo.
Sullo sfondo delle vicende del periodo risorgimentale e postunitario che hanno caratterizzato Roma nel XIX secolo, Beatrice riuscì anche a riportare il casato dei Sacchetti a una situazione di fasto e di potere appartenuta ai lontani tempi dell’avo cardinale Giulio Sacchetti, che per due volte nel Seicento aveva mancato il Soglio Pontificio.
Inflessibile conservatrice, resistette nella Roma umbertina a pressioni e minacce senza mai farsi intimidire. La ben nota posizione dei Sacchetti in favore del Papa destò anche l’interesse del giornalista e romanziere francese Émile Zola, che, trovandosi a Roma nel 1894 per raccogliere materiale per un nuovo libro, decise di ambientare proprio a Palazzo Sacchetti una parte del suo romanzo “Roma”, ispirandosi forse liberamente ai padroni di casa per delineare i caratteri dell’immaginaria famiglia protagonista della sua opera, i principi Boccanera, descritta come la più pia del patriziato romano e sempre al servizio della Chiesa.
Beatrice era molto apprezzata per le sue innate doti caritatevoli che la ponevano tra le prime nobildonne che offrivano assistenza a favore di ospedali, scuole, asili e private famiglie di Roma. Grazie alla politica matrimoniale di Beatrice, applicata alla sua numerosa prole, i Sacchetti si imparentarono con le più influenti famiglie del patriziato sia romano che fiorentino, rigenerando addirittura il casato dei Barberini sull’orlo dell’estinzione, consolidarono le loro risorse patrimoniali e soprattutto il loro prestigio in seno alla Corte Pontificia, ricoprendo ruoli di primo piano che hanno saldamente mantenuto fino agli inizi del XXI secolo.
Il libro offre anche notizie inedite sul territorio e sulle vicende storiche dell’allora Corneto-Tarquinia, tratte dai documenti dell’Archivio Sacchetti, su cui l’Autore si è basato, come la costruzione della “strada ferrata” Roma-Civitavecchia che i Cornetani chiesero al Governo Pontificio di prolungare fino al confine toscano su intercessione di Urbano Sacchetti.