In attesa che il Carnevale entri nel vivo, anche a Tarquinia, riproponiamo un pezzo di Anna Alfieri sul n. 6 del primo anno de L’extra, quando ancora usciva sulla carta, nel 2016: uno spaccato di divertimento, costume e vivacità cittadina che, in qualche maniera, ci ricorda i sorrisi dei giovani ragazzi elegantemente vestivi alle Notti degli Oscar di #checinema.
di Anna Alfieri
In quegli ancora romantici anni ’50, già dai primi giorni di gennaio, nei negozi di Nardi e di Migero i manichini, che assomigliavano a Gary Cooper e Clark Gable, improvvisamente indossavano eleganti vestiti scuri, cravattini a farfalla e sciarpe di seta bianca degne di Humphrey Bogart, mentre in molte vetrine apparivano, come per incanto, stoffe per femminili abiti da sera di velluto, raso, seta, pizzo, di voile e di chiffon. Nel frattempo, le sorelle Palma cominciavano a riordinare le loro preziose scatole piene di paillettes, fiori di tulle, perline, strass, e di guanti da donna lucidi, lunghi e bianchi, o neri come quelli di Rita Hayworth in “Gilda”.
Questi avvenimenti erano, per i Tarquiniesi, un segnale preciso come uno squillo di guerra. Anzi, una vera e propria chiamata alle armi alla quale nessuno, ricco o povero che fosse, doveva e poteva sottrarsi. Insomma, si stava avvicinando il Carnevale e con esso la stagione dei Veglioni e delle Miss. Miss di tutti i tipi, dalla tradizionale Miss Tarquinia alla Fanciulla Velka, a Miss Sport, Miss Stampa, Miss Eleganza, secondo le variabili intenzioni di coloro che di volta in volta si assumevano l’onere di organizzare una serata di gala.
I primi a prepararsi alla battaglia erano i notabili della città che, asserragliati nei locali della “Pro Tarquinia” in Piazza Cavour, si adoperavano senza risparmio di tempo e di denaro, affinché i veglioni da loro organizzati risultassero i più raffinati, con addobbi sempre più belli e cotillons sempre più divertenti. Rispondevano, colpo su colpo, i loro stessi rampolli che, insieme ad altri giovanotti di belle speranze esperti nelle sottili delizie della vita di provincia, si arroccavano nei locali del Circolo Giovanile Etruria e facevano di tutto affinché il veglione di loro competenza superasse per goliardica allegria ogni altro evento carnevalesco. A tale scopo, i più entusiasti andavano perfino a lezione di danza in casa del capostazione Suraci, la cui moglie in gioventù era stata ballerina classica.
Le feste si svolgevano, tra nuvole di coriandoli e cascate di stelle filanti, al Cinema Teatro Etrusco ed al Cinema Moderno, ed erano così affollate che una sera, prima che la senatrice Merlin le disperdesse, vi fecero una fugace apparizione perfino le ragazze del “Dollaro” di Civitavecchia. Tanta fu la confusione che un molto autorevole personaggio tarquiniese scambiò la loro ingioiellatissima maitresse, la Sora Mimma, per un’autentica nobildonna e si produsse nel più spettacolare baciamano che la storia locale ricordi.
Le serate erano allietate dal complesso Aldebaran o dall’Orchestra Aurora i cui componenti, in giacca bianca come nei film americani, per ore e ore spandevano in sala musiche melodiche ed avvolgenti. Poi, all’improvviso, si scatenavano in diabolici ritmi afro cubani che scomponevano l’assetto dei ballerini in coppia e lo ricomponevano in uno spensierato trenino umano che saltellava qua e là a passo di samba, conga, rumba, raspa e spirù. Ritmi travolgenti ma faticosi, specialmente al Cinema Etrusco che – essendo pure un teatro – aveva il pavimento in discesa, e perciò anche in salita. Ma il peggio veniva dopo, quando la tromba di Adrio Morroni annunciava, come rush finale, la Marcia dei Bersaglieri da correre all’impazzata come nelle passerelle di Totò, con il fiato corto, il viso in fiamme, l’occhio ormai vitreo, ma con il sorriso stampato sulle labbra e la mente in paradiso.
E le Miss? Le Miss venivano elette tra la mezzanotte e l’una, mentre la gente, finalmente seduta intorno ai tavoli di platea o nelle poltrone di galleria, si tuffava su vassoi di cannoli, bignè e diplomatici acquistati al buffet, e su montagne di frappe, castagnole e ravioli, portate direttamente da casa.
Per le elezioni si ricorreva a brevi consultazioni fra gli addetti ai lavori, o alla vendita di biglietti che davano a tutti il diritto di esprimere le proprie preferenze. Poi un leggero rullo di tamburo, un fremito in sala e finalmente, circondata dalle damigelle d’onore, lei, la Miss, appariva sul palcoscenico sorpresa e frastornata, ma bellissima con la sua fascia di reginetta sull’abito da sera, con il grande mazzo di rose avvolto nel cellophane. Al veglione del Circolo Giovanile Etruria era compito di Giancarlo Marca e/o di Gianfranco Ciurluini, futuro sindaco di Tarquinia, consegnare un’orchidea e la coroncina d’alloro dorato di foggia etrusca alla loro Fanciulla Velka, della quale entrambi, allora giovani leoni ruggenti ma sensibili, si innamoravano perdutamente sull’istante.
Ricordo il volto e perfino l’abito di molte Miss, ma non la specificità del loro titolo e la data della loro elezione, perciò – scusandomi con tutte le reginette che involontariamente ho dimenticato – cito alla rinfusa Franca Cesolari, bella come Silvana Pampanini quando era bella; Margherita Ceresoli, fascinosa e fatale; Italia Bonifazi che aveva il vantaggio di avere un nome patriottico; la morbida Franca Ciurluini, l’esuberante Roberta Marca, la delicata Concettina Loreti, Anna Maggini, Elena Vitali, Gabriella Pacini, Sabina Proli, Eva Silvana Magnaterra e – forse – anche sua sorella Lola. Poi la bionda Vanda Meraviglia, che fu Fanciulla Velka e successivamente Miss Tarquinia. Ma si era ormai agli inizi degli anni ’60, quelli che avrebbero condotto alla contestazione generale.