di Luciano Marziano
Il 20 aprile presso la Sala Lawrence si è aperta un’interessante mostra di arte visiva intitolata Sfumature di emozioni con elaborati di alcuni ragazzi del Centro socio-riabilitativo Luigi Capotorti di Tarquinia, rispondenti ai nomi di Catia Bianchi, Erina Casciani, Cristiano China, Ugo Creo, Franco Lucci, Anna Masci, Maurizio Paolacci, Daniela Paolucci, Laura Settimi. Si tratta, come sottolinea il Presidente del Centro Marco Gentili, di un progetto pilota artistico educativo gestito dalla Cooperativa sociale Alice in collaborazione con l’Associazione culturale La Lestra.
La prima considerazione suggerita dall’esposizione è che, contrariamente ad una errata vulgata, ogni atto che viene considerato di creatività non è carente di mediazioni, anzi queste valorizzano il processo mentale e la realizzazione pratica affidata, in questo caso, agli operatori artistici Amerigo Blasi, Veronica Cecchini, Sonia Da Prada, Maria Teresa Moriconi, Donatella Passeri. Opportunamente accompagna l’evento un diario di bordo, curato da Olga Cappellini, nel quale sono registrate le varie fasi, dalla elaborazione progettuale dei curatori-conduttori al percorso espositivo. Un itinerario scandito da una molteplicità di tappe che vanno dall’impatto del primo incontro tra quelli che potremmo definire gli operatori educativi e i ragazzi. È un resoconto scandito dalla sequenza delle seguenti stazioni: l’attesa, la sorpresa, la condivisione, la griglia dei colori, il paesaggio autunnale, i sentimenti dei colori, la forma e la composizione astratta, colori caldi e colori freddi, curve con varie linee, dall’astratto al figurativo, autoritratto. Questa semplice elencazione, di per sé, si suppone che sia in grado di dare informazione sulla complessità dell’operazione che si presenta strutturata sulle varie problematiche che caratterizzano il contemporaneo fare arte.
Significativa in questo senso la iniziale proiezione di una videolezione, preparata da Cecchini, intesa a “mostrare elementi basilari storico pittorici dal Seicento al Novecento”, cioè il periodo che, seppure per estensione, vien definito del moderno. Il video non è stato una passiva illustrazione di modi del fare arte, ma sollecitazione, specie da parte di Blasi, sulla struttura dell’opera, sui suoi elementi basilari che ne sottolineano l’aspetto linguistico, in primo luogo il colore, le significanze delle linee fino al punto di reperire segnali emotivi in opere ritenute segnacoli di razionalità come l’intuizione di Anna che nei quadrati e rettangoli di Mondrian individua del sentimento. E questa è valida chiave di lettura che più di un generico richiamo ad un usurato concetto di bello, consente di cogliere lo spirito e il senso dell’iniziativa e i suoi esiti pur con tutte le approssimazioni, del resto, implicite nella oggettività della condizione dei partecipanti.
Ne emerge uno schema operativo giocato su una sorta di doppio registro come, ad esempio, l’impatto con il colore nelle sue qualità di caldo e freddo, di primario, secondario e, addirittura, terziario e l’utilizzo dell’acquarello, che con il suo sfrangiamento consente, anche nelle forme geometriche del triangolo, di salvaguardare una sorgiva sensuosità. Una pulsione a sconfinare, temperata dall’istanza rappresentativa, immette in altri ambiti, come quello dell’ironia, per cui l’immagine pone quasi in scacco il compiacimento della riconoscibilità. Il gioco affidato ai titoli delle opere che sottolineano l’effetto specchiante (Laura sorride a Laura, Catia disegna se stessa) o l’ovvietà della sottolineatura della rappresentazione, già di per se esplicita (Anna si appoggia al tavolo), determinano una sorta di sorridente enigmaticità.
E poi c’è l’ambiguità, nel senso positivo di polivalenza, del tema paesaggistico. Nella sequenza delle immagini prodotte dall’estro personale dei partecipanti, un esibito stilema di naiveté raffredda le gerarchie compositive della prospettiva tradizionale dando luogo, pur nella esplicitazione rappresentativa della figurazione, a schemi astratti nei quali il geometrico rapporto tra le varie zone della composizione è ribaltato a favore delle relazioni tra i colori che possono anche non essere rispettosi dell’ovvietà narrativa, per cui un uccello che vola su uno sterminato e incombente mare azzurro si può configurare come macchia cromatica.