di Luciano Marziano
Il fattore scientifico ha attraversato storicamente il farsi dell’arte. La vulgata che presume di attribuire al fenomeno artistico caratteri di emotività, di piacevolezza, di manifestazioni di ordine sentimentale, lo confina in uno stato di minorità tra le attività conoscitive umane. La comprensione del fenomeno artistico non può non utilizzare parametri di riferimento basati, in primo luogo, su strutture di relazioni interne alla realtà di un’opera. Questo primario atto del conoscere unifica i territori dell’arte e della scienza.
Un protagonista dell’arte moderna quale Piet Mondrian affermava che “non solo la scienza ma anche l’arte ci mostra che la realtà, dapprima incomprensibile, si rivela gradatamente attraverso le relazioni reciproche che sono intrinseche alle cose”. Il fondamento relazionale trova concordi un fisico matematico quale Henry Poincaré, contemporaneo di Einstein, che affermava come la sola realtà obiettiva siano i rapporti tra le cose e l’artista Braque che, a sua volta, suggeriva di dimenticare le cose e considerare solo le relazioni. A conferma di questa linea, Giulio Carlo Argan rilevava che il linguaggio artistico, come ogni scienza, ha i suoi significanti per costruire linee, tessiture, colore, luce. Attraverso la corretta scelta e nel rapporto tra questi fattori si è nella dimensione artistica, cioè in una procedura tecnica con la quale si consegue un risultato esteticamente congruo.
Questa problematica ha attraversato il corso dell’arte con forti livelli di attenzione. Una delle ultime è quella proposta da Giombattista Corallo supportata da una dovizia di esempi e argomentazioni con l’individuazione di momenti nodali come la Divina Proporzione di Luca Pacioli o l’immensa figura di Piero della Francesca. L’autore descrive un percorso affascinante che se ha avuto, a volte, incidenza sotterranea, è venuto alla scoperto con la svolta impressionista basata sulle vibrazioni dell’occhio e ancora, a limitarci a talune svolte nodali, con le tendenze razionalizzanti del Cubismo e del Costruttivismo fino al Neoplasticismo di Mondrian che perviene alla essenzialità di un linguaggio fatto soltanto di linee e colori primari il cui rapporto determina una razionalità e un equilibrio assoluti. E questo è il lascito della specifica modernità del secolo ventesimo.