(s.t.) È ora di farlo: anche se mettere assieme tutti i numeri è stata un’impresa – ancora ieri c’erano delle perplessità sui dati ufficiali, contrastanti con i dati sull’affluenza diffusi la sera del voto –, anche se ancora si dibatte sulla composizione del consiglio, a tre giorni dalle elezioni per l’Università Agraria è tempo di lanciarsi in qualche analisi dei risultati. Partendo da una premessa obbligata: in politica vince chi prende un voto in più, e chi vince amministra: per cui – che sia per uno, cento o mille voti di margine – il vincitore e il neopresidente è Alberto Blasi, che parte per un viaggio le cui premesse – e queste sì dipendono dal risultato – non sono le più comode.
Prima di tutto, non scodiamoci l’astensionismo
Ok, il richiamo dell’Università Agraria non è quello delle comunale; ok, in molti ancora nemmeno sanno che per l’Agraria votano tutti, ma il risultato in tema di affluenza è deludente ed ha sorpreso molti tra gli addetti ai lavori, che stimavano che una percentuale attorno al 50% degli aventi diritto si sarebbe recata alle urne. Ed invece ci si è fermati al 43,12%: vuoi che i motivi siano quelli addotti da Mazzola (“Forse negli ultimi anni il ruolo dell’Agraria è stato sopravvalutato”), vuoi che siano quelli di cui ha parlato Bacciardi (“La gente è disillusa con la politica e si rispecchia anche a livello locale”), la prima esperienza di voto autunnale si macchia, in tema di affluenza, di un voto negativo. E di certo non hanno aiutato i battibecchi e le campagne su Facebook, anzi…
Trecentotrentuno voti
Questa è la distanza finale tra i due candidati, Blasi e Catini: poco più di cinque punti percentuali. Un risultato non ampissimo che – se confermata la proclamazione degli eletti diffusa dall’Ente di via Garibaldi, con un vantaggio di dieci seggi a sei per il centrosinistra – poco incide in termini di governabilità, ma scopre il fianco ad un recupero evidente del centrodestra, dato per spacciato ed ora quantomeno competitivo dopo le pesanti sconfitte alle precedenti elezioni per Agraria e Comune. Come va letto questo dato?
Tentativo di harahiri
Il centrosinistra le ha, in effetti, provate parecchie per provare a rimettere in gioco Catini & Co: le vicende che hanno portato alla scelta di Blasi come candidato presidente hanno, infatti, aperto la spaccatura interna al PD che – seppure non ha portato fuori dalla coalizione i “dissidenti”, passati in quota Moderati e Riformisti – ha acceso scontri e vendette affatto velate, che probabilmente sarebbe stato meglio consumare nel segreto delle stanze politiche (e non sui giornali) o rimandare sino a dopo il voto. Invece la lotta è parsa, a tratti, più tra i due alleati che nei confronti del centrodestra. In questo, probabilmente, è mancato il polso del candidato presidente, che avrebbe dovuto tenere maggiormente a bada gli uni e gli altri: avrà cinque anni non semplici per recuperare questa mancanza.
Tentativi di compattezza
Chi parla di débâcle per Catini, invece, è ingeneroso e probabilmente animato dal dente avvelenato del passato: probabilmente nessun altro, nel centrodestra, sarebbe riuscito a garantire al gruppo messo assieme la compattezza dimostrata dalle tre liste a sostegno. Probabilmente la sconfitta passa dallo sgarbo del recente passato (Manuel e Minniti furono tra i principali artefici della pesante sconfitta di Meraviglia alle ultime comunali, e molti elettori, probabilmente compreso lo stesso ex candidato sindaco, hanno fatto in modo di farglielo pesare), ma almeno s’è vista gente animata e combattiva: il risultato lo dimostra.
È tutto oro quel che luccica?
Parlare di oro in caso di sconfitta sarebbe comunque eccessivo, ma tra i lati positivi di questo centrodestra versione #cambiaresipuò c’è la capacità di due liste in grado di sfiorare i 1000 voti, con una che addirittura torna ad essere la seconda forza cittadina e l’altra che si fissa non lontana dal PD. Proprio il risultato della lista Idea e Sviluppo apre ad una riflessione complessa: il risultato portato a casa dalla lista promossa dai Serafini, Guarisco, Giulivi & co. premia o sconfessa la scelta di Manuel di non volere esplicitamente in lista quei nomi? è stata proprio quell’assenza a premiare? O il risultato dei candidati da essi sostenuti dimostra quanto importanti siano per il centrodestra quei personaggi?
Parenti serpenti?
E veniamo finalmente alla maggioranza, e qui la notizia è evidente a tutti: i Moderati Riformisti han preso più voti del PD. La qual cosa – escluse le interpretazioni a caldo di Mazzola o quelle complottistiche secondo cui i dissidenti PD sarebbero in realtà il cavallo di Troia per sconfiggere Bacciardi – apre scenari imperscrutabili per il futuro prossimo e quello remoto. Se non era più decisivo in Comune, ora infatti Bacciardi – con, ormai è evidente, Antonelli dalla sua – è ago della bilancia assoluto all’Agraria, e probabilmente vorrà forzare la mano nei confronti di un PD che almeno in questi numeri è in caduta libera. La guerra, insomma, dai giornali passa alle riunioni di maggioranza: quelle che porteranno alla composizione della giunta, ma anche quelle che inizieranno a pensare alle amministrative 2017.
Da dove riparte il Partito Democratico?
Voci di corridoio parlano di un segretario Centini già dimissionario, e questa sembra la conseguenza scontata dopo un percorso elettorale che ha visto il PD perdere pezzi, attaccarli a mezzo stampa ed ottenere come risultato un terzo posto come lista con poco più di mille preferenze (di cui quasi un quarto appannaggio di una sola candidata). Ma per i Democratici e per chiunque ne sarà alla guida arriva un nodo chiave: affidarsi a Ranucci – che è l’unico ad aver confermato un risultato pesante dal punto di vista elettorale, ma che anche e soprattutto per questo è visto come minaccia da altri esponenti del partito – o puntare sul gioco di squadra, riportando all’interno della sezione un baricentro politico che negli ultimi anni sembra essersi spostato sempre di più all’interno del palazzo comunale?
Intanto è battaglia sulla proclamazione
Nell’attesa di conoscere gli sviluppi futuri della politica cittadina, c’è da capire se sarà confermata la spartizione dei seggi come disegnata per ora dall’ufficio centrale che ha coordinato le operazioni di voto e spoglio. Diverse possibili interpretazioni del nuovo statuto aprono a differenti possibilità nella proclamazione: quanto pubblicato per ora dall’Agraria dice 10 seggi per Blasi (5 ai moderati, Bacciardi, Montesi, Boni, Giorgi, Bellaterccia; 4 al PD, Ciuferri, Centini, Santi, Ricci; uno Impegno sociale, Scomparin) e 6 per Catini (oltre al candidato presidente, Torresi e Fanucci di Idea e Sviluppo, Tosoni e Guiducci di Rinnova e Serafini di Catini Presidente), ma il centrodestra vuole fare battaglia perché ritiene che l’esatta interpretazione porterebbe ad un 9 a 7. Servirà, probabilmente, un ricorso per dirimere la vicenda: se fosse, Bacciardi perderebbe un seggio e ad entrare sarebbe Zacchini.