Riceviamo dalla Guardia di Finanza – Comando provinciale di Viterbo e pubblichiamo
I finanzieri del Comando Provinciale di Viterbo, nell’ambito dei servizi di contrasto al fenomeno della vendita di prodotti con marchio contraffatto, hanno scoperto diversi cittadini, in diverse province su tutto il territorio nazionale, che avevano acquistato capi di abbigliamento ed accessori contraffatti, attraverso un profilo facebook appositamente creato, gestito da un soggetto del capoluogo mediante un nominativo di copertura.
Il servizio in parola nasce da lontano, nell’ambito di un’indagine di polizia giudiziaria, diretta dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Viterbo – Dott.ssa Eliana DOLCE – al termine della quale si svelava il reale commerciante che, attraverso uno pseudonimo “virtuale”, gestiva un profilo facebook mediante il quale venivano veicolati, a prezzi decisamente inferiori a quelli dei prodotti genuini, centinaia di capi d’abbigliamento recanti marchi contraffatti di note griffes del settore abbigliamento (quali Chanel, Louis Vuitton, Lacoste, Ralph Lauren, Gucci, Fred Perry, Moncler) perfettamente simili a quelli originali, spacciandoli agli acquirenti come provenienti da un non meglio definito “mercato parallelo”.
Le indagini di natura tecnica, supportate da servizi di pedinamento e controllo, permettevano di accertare, anche attraverso la fattiva collaborazione del predetto social – oltre alla reale identità del soggetto che gestiva le operazioni nel viterbese – tutta la catena relativa all’attività di compravendita dei materiali contraffatti.
L’attività investigativa faceva emergere l’intero iter criminoso, a partire dalla messa on line dei contenuti raffiguranti i materiali disponibili (c.d. “post”) passando per l’attività di consulenza tecnica in merito a taglie, colori, vestibilità degli oggetti (svolta dal gestore del sito), fino alla verifica dell’avvenuta spedizione e del ricevimento del pacco da parte dei clienti finali, tutti “amici” del venditore nella propria “pagina facebook”.
Nello specifico i potenziali acquirenti contattavano il gestore del profilo e, dopo aver ricevuto specifiche indicazioni da quest’ultimo, effettuavano gli ordini dei prodotti, che venivano poi spediti da un altro soggetto operante nel casertano (anch’esso denunciato), subito dopo l’avvenuto pagamento tramite Paypal, o con versamento su PostePay o per mezzo di bonifico bancario.
Le attività d’investigazione operate dai militari della Compagnia di Viterbo, che hanno integrato i dati provenienti dai canali d’acquisto dei materiali (cioè i pagamenti postpay, bonifici, ecc.), i buoni di consegna sul territorio operati dai corrieri, l’analisi del cellulare sequestrato ed i nominativi ritrovati in agende e documenti rinvenuti durante le perquisizioni, permettevano inoltre di risalire l’intera filiera del falso, dal fornitore dei materiali contraffatti ai molteplici acquirenti dei medesimi, resisi autori della violazione alla norma che regola la contraffazione.
Motivo per cui a oltre 100 “acquirenti finali” dimoranti nella Tuscia, convocati singolarmente in caserma, veniva contestata la violazione di legge che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 7.000 euro per l’accettazione o l’acquisto a qualsiasi titolo, “senza averne prima accertata la legittima provenienza, di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale.”
Per tale sanzione i clienti verbalizzati si sono avvalsi della facoltà di definire immediatamente il contesto, pagando in misura ridotta l’importo di € 200: una somma che già da sola rende decisamente non più conveniente tali tipi di acquisto.
La Guardia di Finanza, anche in un periodo particolare come quello attuale, sta compiendo ogni sforzo per assicurare un adeguato dispositivo di presidio economico del territorio, volto a tutela dell’economia sana ed al contrasto dell’abusivismo commerciale e della contraffazione. In ciò, la sinergia d’intenti con la Procura della Repubblica di Viterbo ed il prezioso coordinamento da questa assicurato determinano un importante moltiplicatore di benefici, assicurando la massima efficacia alle iniziative di controllo attraverso l’immediato vaglio delle attività svolte e la conseguente trasposizione delle attività in sede giudiziaria.
Non è un caso, infatti, se di recente anche la Compagnia di Viterbo ha concluso una articolata operazione che ha portato, nel corso di due diversi interventi, al sequestro di complessivi 10.141 capi ed articoli contraffatti, riconducibili a numerose e note case di moda. In esito alle perquisizioni, eseguite presso le abitazioni dei responsabili, veniva rinvenuto un vero e proprio “laboratorio del falso” organizzato con macchina e banco da cucire ove erano custoditi ulteriori capi di abbigliamento nonché etichette di varia composizione, bottoni contraffatti e altro materiale da cucito, utilizzato per la creazione e contraffazione dei medesimi indumenti. Tutta la merce rinvenuta, priva di etichette, talloncini, marchi olografici e di ogni altro dato indicante le autorizzazioni allo sfruttamento commerciale dei diritti di tutela usati dalle case produttrici, veniva sequestrata ed i responsabili venivano segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo, che sta coordinando la prosecuzione delle attività investigative.
Ancora, nel medesimo solco e nel medesimo torno di tempo, la citata Compagnia di Viterbo e quella di Civita Castellana hanno portato a termine altri quattro interventi operativi, che permettevano il sequestro di oltre 1500 capi di abbigliamento contraffatti e la denuncia per contraffazione di nr. 4 responsabili.
L’attività investigativa, connotata da elevato tecnicismo, nel sottolineare un costante procedere del Corpo al passo coi tempi, si inquadra nel contrasto che la Guardia di Finanza pone, tanto sul territorio viterbese, tanto su quello nazionale, nei confronti di un modus operandi illecito, che penalizza le aziende virtuose, procurando loro un nocumento per le mancate vendite, per la riduzione del fatturato, per la perdita di immagine e di credibilità, oltreché per le rilevanti spese sostenute per la tutela dei diritti di privativa industriale, ai danni all’Erario – attraverso l’evasione dell’I.V.A. e delle imposte sui redditi – ed al mercato, mediante alterazione del suo regolare funzionamento a causa della concorrenza sleale basata sui minori costi di produzione.
In ultimo preme sottolineare che il danno prodotto dal falso non riguarda solo le aziende, ma tutti i cittadini: riguarda la salute, visto che chi indossa capi o accessori, utilizza materiali o ingerisce alimenti contraffatti rischia gravi danni alla salute, causati da sostanze altamente tossiche presenti in tali prodotti, quali agenti chimici, coloranti, collanti allergenici e/o cancerogeni, etc.; mette a grave rischio la propria sicurezza e quella degli altri, perché per la produzione di tali prodotti vengono utilizzati materiali scadenti; contribuisce allo sfruttamento della manodopera clandestina, del lavoro sommerso e del lavoro minorile, sottraendo importanti spazi all’economia regolare. Si tratta dunque di tutelare non una ma numerose categorie di persone, che in modi estremamente vari vengono danneggiate o messe in pericolo dalla medesima attività illecita. Di qui la necessità di strategie condivise ed unitarietà di intenti, compito questo assolto dalla Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica di Viterbo, ma anche del coinvolgimento consapevole della cittadinanza, che deve al più presto comprendere come il limitato vantaggio rappresentato da un acquisto sotto costo rappresenta in realtà un gravissimo danno, immediato o potenziale, a tutta l’economia e dunque alla cittadinanza stessa.