Riceviamo e pubblichiamo
Tornano sul palcoscenico del teatro comunale Lea Padovani i ragazzi del Centro diurno Maratonda, per regalare al pubblico grandi emozioni.
“Ad occhi chiusi nel vuoto”: è lo spettacolo che andrà in scena mercoledì 15 maggio, alle ore 21:00, dedicato a Ivano, venuto a mancare ultimamente a Montalto di Castro. Lo spettacolo chiuderà il percorso teatrale che anche quest’anno ha visto coinvolti utenti, operatori e volontari del CSR Maratonda della Fondazione Solidarietà e Cultura Onlus di Montalto.
“La famiglia Maratonda per la prima volta si trova ad affrontare un dolore per la morte di Ivano. Vedere il dolore nelle facce di tutti i suoi amici, oserei dire anche fratelli, che da una vita dividono la quotidianità mi ferisce il cuore e penso a quanti sorrisi non vedremo più. Ma è proprio con questo spettacolo che vorrei gridare la mia tristezza, anche se mi ritroverò ad applaudire quel bastone a terra… un applauso, un applauso a questa vita così bella tra di noi, così intensa e che cada il sipario su questo nostro dolore. Chiudi il sipario Ivano, tocca a te…”
Elena Mozzetta
Qual è il ‘vuoto’ a cui si riferisce il titolo? E perché ‘ad occhi chiusi’? Quando parliamo di vuoto abbiamo a che fare con qualcosa privo di contenuto, che non ha nulla dentro di sé. Un luogo, che non contiene ciò che dovrebbe contenere o potrebbe contenere. Uno spazio privo di qualsiasi forma di materia. Come un palcoscenico, vuoto. Nessun oggetto, nessuna scenografia, nessun orpello. “E’ il corpo dell’attore che genera tutto ciò che è necessario al teatro”. E quel ‘vuoto scenico’ noi dunque lo riempiamo della sola ‘materia umana’. Lo riempiamo di sguardi, di piccole azioni, di gesti, di delicatezze, di sfioramenti e di poche parole. E non chiamatelo ‘teatro povero’, perché sì, sarà povero di tutti gli orpelli del teatro tradizionale ma quegli sguardi, quelle piccole azioni, quei gesti, quelle delicatezze, quegli sfioramenti e quelle poche parole vogliono arrivare a toccare l’animo dello spettatore, anche il più distante, vogliono saper emozionare e commuovere e di povero in questo c’è ben poco. E lo vogliamo fare “ad occhi chiusi” per riscoprire che dietro ogni buio esiste una luce.
Vogliamo “abbattere le nostre frontiere, trascendere i nostri limiti, riempire il nostro vuoto, realizzare noi stessi… un processo mediante il quale quello che è nelle tenebre in noi lentamente diventa luce… nello sforzo di liberarci dalla maschera… questa dissacrazione dei tabù, questa trasgressione causa lo shock che lacera la maschera, permettendoci di offrire il nostro essere nudo a qualcosa di indefinibile ma che contiene Eros e Charitas”.
Il teatro non è scena, non è testo. Il teatro è attore e pubblico. Un pubblico non applaudente, ma immerso in un silenzio di partecipazione, ad occhi chiusi, nel vuoto.
Paolo Magnaniello e Chiara Palumbo