Banksy, artista e writer inglese la cui identità rimane tuttora nascosta, è considerato uno dei maggiori esponenti della street art contemporanea. Le sue opere sono spesso connotate da uno sfondo satirico e trattano argomenti universali come la politica, la cultura e l’etica. L’alone di mistero che, per scelta e per necessità, si autoalimenta quando si parla della figura di Banksy lo fa diventare un vero e proprio mito dei nostri tempi. La sua protesta visiva coinvolge un vastissimo ed eterogeneo pubblico e ne fa uno degli artisti più amati dalle giovani generazioni.
Sono già state organizzate diverse mostre su Banksy presso gallerie d’arte e spazi espositivi, ma mai un museo pubblico italiano ha ospitato finora una sua monografica (se si eccettua quella organizzata dall’artista stesso, come al Bristol Museum nel 2009). Il MUDEC-Museo delle Culture di Milano per la prima volta ospita all’interno delle sue sale una retrospettiva sull’artista inglese. Sarà una mostra non autorizzata dall’artista, come tutte quelle a lui dedicate prima d’ora, in quanto Banksy continua a difendere il proprio anonimato e la propria indipendenza dal sistema.
“The Art of Banksy. A visual protest”, in mostra al MUDEC dal 21 novembre 2018, è un progetto espositivo curato da Gianni Mercurio, che raccoglierà circa 80 lavori tra dipinti, sculture, prints dell’artista inglese, corredati di oggetti, fotografie e video, che racconteranno attraverso uno sguardo retrospettivo l’opera e il pensiero di Banksy. Un percorso a suo modo accademico e insolito, ma coerente con la mission di un museo come il MUDEC, ovvero quella di fornire a ogni fascia di pubblico le chiavi di lettura per comprendere (e apprezzare) le culture del mondo e i grandi temi della contemporaneità attraverso tutte le arti visive, performative e sonore.
Promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, che ne è anche il produttore, la mostra The Art of Banksy. A Visual Protest, ideata da Madeinart, si articolerà attraverso sezioni, che porteranno a una riflessione critica su quale sia (e quale potrà essere) la collocazione di Banksy in un contesto più generale della storia dell’arte contemporanea. La mostra rientra inoltre nel più ampio progetto scientifico concepito dal MUDEC “Geografie del futuro”, un racconto sul “sapere geografico” inteso come rilevamento di territori e di culture e superamento dei confini, letto attraverso la lente di diverse discipline di studio.
Il Museo delle Culture rifletterà insieme ai visitatori sul tema della disciplina geografia, cercando di capire quali tipi di “geografie” definiranno i confini della nostra conoscenza del mondo nel futuro, in un mondo che riduce sempre più gli spazi grazie alla tecnologia, e dove i luoghi e i non-luoghi da esplorare diventano sempre più complessi e elusivi. In particolare, con Banksy la relazione con la geografia e il paesaggio si connotano di tratti assolutamente “sociali”: la relazione con il paesaggio umano nel quale Banksy si esprime, spesso in zone di conflitto, dove anche la politica e le istituzioni faticano ad arrivare, l’attitudine sperimentale, la teoria della “psicogeografia” di matrice situazionista, secondo cui lo spazio di azione dell’artista è il territorio. Ecco perché The Art of Banksy. A Visual Protest, rientra come terza mostra – e nuova frontiera della geografia – nel progetto di “Geografie del futuro”.
LA MOSTRA
In linea con i principi di fruizione delle opere dell’artista non sono presenti in mostra suoi lavori sottratti illegittimamente da spazi pubblici, ma solo opere di collezionisti privati di provenienza certificata. Si illustrano i “movimenti” che hanno utilizzato una forma di protesta visiva attraverso la fusione di parole e immagini e con un’attitudine all’azione, a cui Banksy fa riferimento esplicitamente per modalità espressive: dal movimento situazionista degli anni ’50 e ’60, con il quale Banksy condivide l’attitudine sperimentale e l’attenzione sulle realtà urbane, alle forme di comunicazione ideate e praticate dall’Atelier Populaire, il collettivo di studenti che nel maggio del 1968 diffuse attraverso centinaia di manifesti i temi della protesta sui muri di Parigi; fino ad arrivare ai lavori dei writers e dei graffitisti di New York degli anni ’70 e ’80, multiculturali e illegali per vocazione e dal forte senso di appartenenza comunitaria. Come gli street artists della sua generazione Banksy accentua il contenuto dei messaggi politici e sociali in maniera esplicita, spostando il messaggio dalla forma al contenuto.
Questi aspetti emergeranno come fondanti dell’arte di Banksy nel corpus di opere presentate in mostra, che saranno suddivise per generi e temi , come ad esempio l’idea e la pratica della serialità e della riproducibilità dei lavori riferiti a Warhol (tra i quali i ritratti di Kate Moss o le serie “Tesco”, in cui utilizza il marchio della grande catena di distribuzione britannica alla maniera di Campbell’s Soup) o del détournement, in cui Banksy interviene su copie di opere esistenti e spesso universalmente conosciute, con l’inserimento però di alcuni elementi stranianti che ne modificano il significato.
Attraverso la lettura dei lavori saranno quindi illustrate le strategie, il senso e gli obiettivi dei suoi messaggi e la sua cifra stilistica , data dalla tecnica dello stencil, affinata da Banksy con il duplice scopo di poter eseguire i lavori illegali con una notevole velocità e allo stesso tempo renderli più elaborati.
Una speciale sezione video racconterà al pubblico i murales che Banksy ha realizzato in diversi luoghi del mondo, tuttora esistenti o scomparsi, evidenziando così quanto il Genius loci sia un aspetto fondamentale nel suo lavoro: molti lavori nascono infatti anche semplicemente in funzione dei e per i luoghi in cui sono realizzati. Il messaggio di Banksy e la sua arte si manifestano come un’esplicita e mordace provocazione nei confronti dell’arroganza dell’establishment e del potere, del conformismo, della guerra, del consumismo.