Le possibili dimissioni del sindaco di Tarquinia Pietro Mencarini – secondo alcune fonti firmate ieri, ma ancora non protocollate – potrebbero naturalmente aprire nuovi scenari per la politica tarquiniese. Premesso che, sinchè non formalizzato ufficialmente, l’atto non avrebbe alcuna efficacia, proviamo a capire quale prassi dovrebbe seguirsi se effettivamente il Primo cittadino manifesterà l’intenzione di mettere fine al proprio mandato.
A disporre in materia è il Tuel – Testo unico degli Enti Locali, che alla parte I -titolo III regola il funzionamento degli organi di governo di comuni e province e spiega come un sindaco possa cessare dalla propria carica per dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza o mozione di sfiducia. In particolare, l’articolo 53/3 stabilisce che “le dimissioni presentate dal sindaco diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina di un commissario”.
Ancor più specifico, in tale senso, è lo statuto del Comune di Tarquinia, che chiarisce all’articolo 28 come “le dimissioni del sindaco debbono essere presentate personalmente al protocollo dell’Ente e trasmesse, nello stesso giorno, al Presidente del Consiglio. Quest’ultimo ha l’obbligo di riunire il Consiglio entro i successivi dieci giorni. Le dimissioni, una volta trascorso il termine di venti giorni dalla loro presentazione in Consiglio, diventano efficaci ed irrevocabili e danno luogo allo scioglimento del Consiglio con contestuale nomina di un Commissario”.
Quindi, qualora si confermasse che ieri o oggi Mencarini ha protocollato una lettera di dimissioni, spetterebbe ad Arrigo Bergonzini, presidente del consiglio comunale, convocare l’assise nel corso della quale il sindaco dovrà confermare la propria volontà. Da quel momento, passeranno altri 20 giorni, periodo in cui il primo cittadino può sempre ritirare le proprie dimissioni, ma trascorso il quale queste diventano efficaci ed irrevocabili.
Si è parlato, nelle settimane scorse, anche della possibilità ventilata di una sorta di “reggenza” del vicesindaco, fattispecie però non contemplata dall’ordinamento nel caso di dimissioni. Una soluzione simile, infatti, è prevista dal Tuel, ma solo nei casi di impedimento permanente, rimozione o decadenza del sindaco o del presidente della provincia: in tal caso, la Giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Sino a nuove elezioni, le funzioni del sindaco sono svolte, rispettivamente dal vicesindaco, che sostituisce il sindaco anche in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall’esercizio della funzione ai sensi dell’articolo 59. Come specificato dal già citato articolo 53/3 del Tuel, insomma, in caso di dimissioni si provvederebbe alla nomina di un commissario, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’interno, in esito ad una procedura avviata dal prefetto competente per territorio.