Riceviamo e pubblichiamo
Apre i battenti lunedì 13 agosto “Qualcosa di fragile”, la mostra personale di Hardy Reichelt allestita nella Sala del Popolo del Palazzo comunale a Santa Fiora. La mostra sarà visitabile tutti i giorni dal 13 al 20 agosto, dalle ore 10 alle 18. Ingresso libero.
Hardy Reichelt nasce a Dresda nel 1939. Frequenta le scuole a Flensburg ed in particolare a Lubecca i corsi di biologia applicata. Qui, tra fiori e faggete, nasce il suo amore per la natura, che si fa ragione di vita.
Negli anni sessanta si trasferisce a Roma, dove intraprende la sua attività in difesa della natura ed in particolare degli uccelli. Nel frattempo si cimenta in vari lavori (speaker radiofonico, traduttore, collaboratore a giornali e riviste, disegnatore e grafico).
Nel ‘64 promuove e organizza la prima conferenza per la protezione degli uccelli migratori in Italia, con lo scopo di creare e gestire un fondo per l’affitto e la gestione di una zona ristretta nella Laguna di Orbetello, dove da qualche anno è tornato a nidificare il raro Cavaliere d’Italia.
Reichelt incontra Fulco Pratesi e insieme gettano le basi per la nascita della sezione italiana del WWF. Libero professionista eclettico, come grafico, è perennemente alla ricerca di forme di visualizzazione innovative, passando dalle incisioni sul cartoncino alle serigrafie, dalle chine alle elaborazioni tridimensionali in polistirolo. Nomade per indole.
Da ambientalista sostiene che non vi può essere efficace tutela della natura senza il coinvolgimento economico-operativo di coloro che gestiscono campi, boschi, laghi e fiumi. Tra le attività compatibili, in tal senso, figurano l’allevamento della selvaggina ungulata a scopo alimentare, la valorizzazione dei prodotti di bosco e sottobosco, l’allevamento di pesci e crostacei in acque di superficie, l’incentivazione del turismo “verde” quale volano della commercializzazione diretta dei prodotti ambientali possibilmente “bio”.
Da tempo si è stabilito a Santa Fiora, sul Monte Amiata, dove scrive e dipinge. La porta di casa sua è sempre aperta, a conferma dell’idea che le cose grandi non hanno bisogno di grandi spazi.