L’Università Agraria: “Vergognosa marcia indietro della Regione sulla legge di riordino”

Riceviamo e pubblichiamo

Una marcia indietro clamorosa e vergognosa quella che l’assessorato agli Enti Locali della Regione Lazio è stato costretto a compiere sulla proposta di legge volta al riordino degli Enti Agrari, adottata dalla giunta regionale con delibera 441 del 30 settembre.

Amara sorpresa un testo totalmente diverso rispetto a quello presentato e discusso con le Università Agrarie del Lazio. Completamente disattese le istanze e le proposte emerse al tavolo di concertazione voluto dall’Assessore agli Enti Locali, cancellata l’agenda degli incontri successivi, una forzatura che sa di pugnalata alle spalle. Stravolto il buon testo condiviso, è stato portato all’attenzione della Giunta una proposta totalmente nuova che appare lacunosa, assurda e dannosa.

Avevamo denunciato le spaccature e gli intenti liquidatori e speculativi della maggioranza di centro destra in Regione su questo tema, oggi ne abbiamo le prove, ci aspettiamo coerenza dagli amministratori locali tutti su un argomento apolitico che riguarda quel patrimonio collettivo che tutti a parole vogliono difendere.

Una legge incompetente, fatta da persone che non conoscono le proprietà collettive. Sparita la definizione delle Università Agrarie come Enti Pubblici non economici, cancellate le norme salienti, si è approvato un condensato di burocrazia che la Regione sa perfettamente di non poter attuare con i suoi tempi biblici. Un uso abnorme dei regolamenti attuativi che come noto non vengono mai varati. Una non riforma che cela lo strapotere di controllo da parte della Ragione, uno strumento politicamente pericoloso e fazioso volto ad imbavagliare, strozzare e dismettere.

Chi si è vantato nei giorni scorsi della proposta o non la ha letta o più semplicemente non conosce le proprietà collettive, siamo pronti alla mobilitazione, e faremo sentire la nostra voce alle prossime riunioni dell’ARUAL.

Come avevamo denunciato si sta lavorando per la dismissione e la alienazione delle terre di tutti  viste come utile strumento per ripianare le casse prosciugate della Regione Lazio, alla faccia delle reprimende dei pidiellini locali.