Riceviamo e pubblichiamo
La disabilità in età evolutiva riguarda circa il 2% della popolazione, un dato che finisce inevitabilmente per avere ripercussioni sulla spesa sanitaria e sulla qualità della vita di numerose famiglie.
Secondo le statistiche, nell’anno scolastico 2015-2016 gli alunni con disabilità nella scuola primaria sono stati 88.281 (pari al 3% del totale degli alunni), mentre nella scuola secondaria di I grado 67.690 (il 4% del totale).
La disabilità intellettiva, i disturbi dell’apprendimento e quelli dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli alunni con disabilità in entrambi gli ordini scolastici sovra citati.
Mentre la ricerca genetica ha fatto numerosi progressi, che hanno permesso una migliore comprensione e, a volte, una diagnosi precoce di alcune patologie, la ricerca relativa alla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, alle loro necessità e all’integrazione scolastica ha invece fatto pochi passi in avanti. Anche la gestione dei pazienti disabili in età pediatrica, sia nel sistema sanitario nazionale che in quello scolastico, accusa non pochi ritardi.
Come conseguenza di ciò, un approccio multidisciplinare e una presa in carico congiunta da parte del pediatra di famiglia, del dipartimento materno-infantile, della scuola e dei centri di riabilitazione con l’obiettivo di rafforzare le abilità, l’autonomia e l’integrazione sociale dei ragazzi e al tempo stesso di ridurre il carico assistenziale sostenuto dalle famiglie, sono quasi sempre nei progetti e nelle speranze, ma raramente nella vita reale.
L’articolo 1 della convenzione UNICEF sui diritti delle persone con disabilità recita: “Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che, in interazione con varie barriere, possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”.
Va ora evidenziato come la disabilità non venga definita come un elemento fisso ma come il risultato tra l’interazione di una difficoltà propria del soggetto ed un elemento esterno che può aumentare o diminuire la vera misura della disabilità, ossia l’effettiva capacità di partecipazione della persona alla società. In questo contesto esiste il bisogno di un approccio multisettoriale dove l’ambito medico (pediatra e neuropsichiatra infantile) lavori a stretto contatto con quello educativo (scuola) e sociale (risorse del territorio – logopedista, fisioterapista, neuropsicomotricista, psicologo) al fine di ridurre ogni eventuale barriera.
Centri di riabilitazione – un esempio può essere lo studio ‘AMELIE’, recentemente attivato a Tarquinia – sono una delle realtà offerte sul territorio viterbese che mette a disposizione dei suoi piccoli assistiti un pool di professionisti esperti nei diversi campi d’intervento (logopedia, neuropsicomotricità, fisioterapia pediatrica e psicologia) in grado di offrire un supporto ai bambini e le loro famiglie con difficoltà di diversa natura, offrendo prestazioni sanitarie di qualità, che possono diventare una costante nel mondo della riabilitazione dell’età evolutiva per il territorio.