Il clima ed il relax dell’estate sono i più adatti per riproporre articoli di storie e curiosità cittadine ripescati nell’archivio cartaceo de L’extra: ecco perciò, oggi, la ripubblicazione di questo piacevolissimo pezzo a firma di Anna Alfieri apparso in originale sul numero di dicembre del 2009 dell’allora mensile. Buona lettura!
di Anna Alfieri
Le mirabolanti imprese dell’avventuriero cornetano Giovanni Bustelli Foscolo che – come ha scritto Giacomo E. Carretto nell’ultimo numero de L’extra – nel lontano ‘800 riuscì a spacciarsi per il plenipotenziario dell’Honduras, per il Console Generale del Salvador e perfino per l’incaricato d’affari dello Scià di Persia in Europa, hanno riacceso in me uno strano ricordo che credevo perduto per sempre: il ricordo di mio padre il quale, per rendere più simpatica ai miei occhi la sua (e mia) città, mi raccontava con patriottico orgoglio che tale Ranieri Bustelli, di professione mago, illusionista e prestigiatore, sebbene nato per puro caso a Tuscania nel 1898, apparteneva ad una nota famiglia tarquiniese.
Notizia che, comunicatami in tempi di dissacrante contestazione post-sessantottina in cui l’unica icona accettabile mi sembrava quella del Che Guevara con la stella sul basco, lì per lì non mi fece né caldo né freddo. Anzi, mi sembrò di uno spessore storico ed ideologico così irrisorio da meritare un mio immediato ripudio ed una conseguente, nonché definitiva e durissima, damnatio memoriae.
Invece, come spesso accadeva, anche quella volta mio padre aveva ragione, perché il Mago Bustelli, Bustelli the great, fu per tutta la prima metà del ‘900 una vera e propria gloria cornetana nel mondo, della quale i tarquiniesi potevano – e possono ancora – andare fierissimi. Fu infatti lui che, indossando per primo e con suprema eleganza il frac con mantellina e cappello a cilindro, inventò il costume di scena che avrebbe poi connotato tutti i magician della terra e fu lui nel 1934 ad ispirare a Lee Falk e a Phil Davis la mitica figura del mitico Mandrake.
Gli spettacoli del Mago Bustelli, durante i quali tutto poteva accadere, anche l’impossibile, erano impressionanti, ma molto divertenti perché, come scrivevano i giornali dell’epoca, prevedevano “fantasmagorie arabe e giapponesi, illusioni ottiche, scene comiche esilaranti e balletti degni di uno show di Broadway”: fascinosi spettacoli con luci soffuse che scivolavano su drappeggi di seta e di raso odorosi di Coty, con ballerine piroettanti a mezz’aria sulla punta di una spada, ragazze coperte di lustrini che sparivano tra i veli rossi di improbabili pagode cinesi, donne che si lasciavano tagliare in tre pezzi con il sorriso sulle labbra, bambini avvolti nelle fiamme e, in casi eccezionali, autentici neonati perduti e successivamente ritrovati sotto il cappello di uno spettatore dell’ultima fila. Poi, cavalli bianchi con relativi cavalieri vestiti da Buffalo Bill e armati di carabina Remington, che evaporavano nell’aria in una nuvoletta di fumo colorato e terrorizzanti mostri alti dodici metri che scendevano pesantemente in platea, per poi disintegrarsi come lievi bolle di sapone, in forma di coriandoli d’oro e d’argento. Inoltre, Bustelli fu l’unico uomo al mondo capace di eseguire impeccabilmente il più difficile esercizio del Mago Houdini, il famoso numero universalmente noto con il titolo Il decapitato recalcitrante.
Ranieri Bustelli era fiero delle sue origini cornetane perciò, sebbene i suoi complicati macchinari di scena avessero bisogno di ampi spazi e non si adattassero ai piccoli teatri di provincia, volle ugualmente esibirsi a Tarquinia, dove si produsse in uno spettacolo così esagerato che, ancora oggi, nella nostra Città, chiunque osi vantarsi di saper compiere imprese epiche e fantasiose, viene seccamente messo a tacere con una sola domanda che non ammette repliche: “Ma chi sei, Bustelli?”.
In realtà, lo spettacolo tarquiniese del nostro illusionista di fama internazionale iniziò malissimo, perché il Mago – atteso alle nove di sera – entrò in teatro soltanto alle dieci, proprio mentre gli spettatori spazientiti cominciavano a protestare rumorosamente. Sciocca e inutile protesta, della quale il prestigiatore si meravigliò moltissimo, giacché – spiegò – in quel momento non erano le 22 come essi credevano, bensì le 21, come tutti potevano facilmente constatare consultando i propri orologi. Orologi che, (oh stupore!) in realtà, segnavano davvero le nove in punto, non un minuto in più, non un minuto in meno. Chiarito questo equivoco l’illusionista offrì da bere agli spettatori più esaltati e, nel farlo, usò una sola piccola e trasparentissima caraffa di acqua limpida, dalla quale versò, in diversi bicchieri, bevande tra loro diversissime: vino bianco o rosso, aranciate o limonate e soprattutto molti caffè magnificamente corretti.
Per sapere qualcosa di più sullo spettacolo di Bustelli a Tarquinia, mi sono doverosamente recata in visita presso un vecchio signore ufficialmente considerato la memoria storica della nostra Città, il quale, come preso da incantamento, mi ha raccontato una cosa incredibile. Mi ha detto che, quella volta, quando lui era ancora un bambino, il Mago Bustelli avvolse il teatro in una luce azzurrina e fluttuante e poi, con sguardi ipnotici, parole magiche e strani gesti delle mani, convinse gli spettatori che un mare ghiacciato stesse invadendo la platea. Accadde così che, mentre l’acqua illusoriamente cresceva cresceva cresceva, l’angoscia dei tarquiniesi, che avevano la sensazione di affogare, aumentava aumentava aumentava. Lo spavento divenne così insopportabile che una ragazza perse i sensi e stramazzò a terra, apparentemente morta. Fu allora – giura il Grande Vecchio – che il suo fidanzato, un giovane ufficiale forestiero, estrasse la sua pistola, mirò con mano ferma e, bang, uccise Bustelli.
– A Tarquinia!? – ho chiesto io incredula, rompendo l’incanto di quella acquatica narrazione.
– Sì, Anna, Bustelli è morto proprio sul palcoscenico del nostro teatro negli anni ’20.
– Ma, Maestro – ho replicato con tono scandalizzato – tutti sanno che il Mago è morto nel 1974 in una casa di riposo di Firenze! –.
– Mi dia retta, Anna – ha insistito il Vegliardo con voce misteriosa ed allusiva – mi dia retta, Bustelli è stato ucciso proprio a Tarquinia. –
Quella sera sono tornata a casa sconfortata, riflettendo amaramente come la tarda età possa offuscare anche le intelligenze più lucide e le memorie più solide. Solo più tardi, però, ho capito che il Vecchio Maestro non delirava, ma voleva solo comunicarmi, a suo modo, che proprio a Tarquinia Ranieri Bustelli aveva compiuto la sua magia più raffinata, scolpendo per sempre, nell’immaginario collettivo locale, l’illusoria certezza, mai più scalfita dal passare del tempo, di essere stato ucciso, ancora giovane, elegante e famoso, sul piccolo palco del piccolo teatro comunale del suo piccolo paese d’origine.