Riceviamo e pubblichiamo
Per l’inefficienza energetica dell’illuminazione di strade, parchi e giardini del solo territorio del Comune di Roma i cittadini hanno sopportato costi in bolletta evitabili, stimati sino a 120 milioni di euro in 13 anni: una somma enorme, equivalente a oltre 232 miliardi di vecchie Lire, che poteva essere più proficuamente impiegata per fornire servizi alla cittadinanza. La valutazione deriva da dati ufficiali sui consumi complessivi registrati, corretta col risparmio che si sarebbe ottenuto se sugli impianti pubblici si fossero applicati i riduttori di flusso nelle ore più notturne come impone la legge, e si fossero sempre utilizzati corpi illuminanti ad alta efficienza ottica.
Se ne parlerà al Teatro comunale di Monte Romano il prossimo 2 luglio alle 17,00 con Mario Di Sora, Presidente dell’Unione Astrofili Italiani e giurista che ha contributori alla redazione della normativa; e Valerio Ricciardi, giornalista scientifico ed astrofilo fra i fondatori di LazioStellato, coordinamento regionale per la lotta all’inquinamento luminoso ed il risparmio energetico. L’evento è inserito nel quadro del V Astroparty dell’Italia Centrale, organizzato dal Gruppo Astrofili Galileo Galilei (http://www.grag.org) attivo nella regione.
Dalla L.R.23/2000 il Lazio è infatti dotato di una normativa chiara, articolata e lineare in materia di inquinamento luminoso, che stabilisce precisi adempimenti cui ottemperare entro maggio 2013; ma in mancanza di adeguata comunicazione, la legge è rimasta in gran parte della regione ancora inosservata.
La norma definisce correttivi logici e di facile applicazione: l’illuminazione notturna va convogliata in basso, mai dispersa in alto oltre l’orizzontale dal punto luce; il livello di illuminazione al suolo va limitato a livelli adeguati allo scopo prefisso (ausilio alla mobilità e sicurezza), non inutilmente abbaglianti e senza effetti di “illuminazione a giorno”; il flusso luminoso va ridotto nel cuore della notte, in certi casi (es. insegne) azzerato dolo le 24. Applicare questi criteri porta a risparmi consistenti, perché a parità di potenza assorbita l’illuminazione al suolo è superiore venendo utilizzata la luce altrimenti dispersa verso il cielo; per avere una visibilità mai inferiore a quella cui siamo abituati è sufficiente una potenza minore.
La dimensione della notte associata al cielo brulicante di stelle ha aiutato l’umanità a rapportarsi con un tutto di cui si sentiva parte. Ha perciò un valore culturale ed educativo non marginale, ben al di là di un interesse specifico per l’astronomia e per la volta celeste sul piano scientifico. Passare da questa sapiente consapevolezza della notte alla banalizzazione di una perpetua caligine ambrata, che lascia intravedere fiocamente solo poche stelle più brillanti, pone le basi per un danno culturale di non valutabile entità.
Antonio Giarrusso
Presidente del GrAG