di Anna Alfieri
Ancora oggi, dai tempi di Tarquinio Prisco, dopo quasi tremila anni di storie incrociate, non è del tutto chiaro se sia stata Tarquinia a insegnare ‘le cose’ a Roma, o Roma a insegnarle a Tarquinia.
È stato proprio su questo gravoso dilemma che ho molto riflettuto l’altro giorno scorrendo le righe del solito giornale – Il Tempo a disposizione degli avventori – seduta al solito tavolino del solito caffè dove sorbivo il mio solito cappuccino di mezza mattina. Era martedì 8 settembre e, a pagina 13 del suddetto giornale, campeggiava, con mia grande meraviglia, un articolo firmato da Andrea Cionci e corredato da un sorprendente titolo a caratteri cubitali su cinque colonne: “Fotografato il fantasma del Campidoglio”. Titolo vistoso, a sua volta chiarito da un sottotitolo lunghissimo e di per sé già molto intrigante: “Gli acchiappaspettri chiamati dall’ex sindaco Alemanno hanno trovato il monaco. Secondo la leggenda era stato murato nella torre dal capo della guarnigione che presidiava il palazzo”.
L’articolo era ben documentato da cinque fotografie. Una rappresentava l’inquietante facciata del Campidoglio di notte. Le altre quattro mostravano rispettivamente i volti di due ghostbusters provvisti di lampade alogene intenti al lavoro, l’interno disordinato di un ufficio comunale e due misteriose foto di una macchia blu sul blu dipinto di blu che avrebbe dovuto rappresentare l’ombra di un frate vagante, vista di fronte e di profilo.
L’articolo cominciava così: “Da almeno cinquanta anni, tra il personale addetto alla sorveglianza del palazzo senatorio, circolavano voci su fenomeni inspiegabili che spaventavano i guardiani notturni, i vigili urbani e gli autisti”.
“Una vecchia tradizione – continuava il giornale – riferisce l’esistenza dello spirito inquieto di un frate vissuto nel Medioevo, che fu murato vivo nella torre di Niccolò V dal comandante delle guardie che lo aveva sorpreso in compagnia di sua moglie”. “In seguito al rinnovarsi delle manifestazioni, il Comune di Roma, tramite il suo ufficio stampa (il fatto è accaduto quattro anni orsono ma è trapelato solo ora n.d.r.) ha convocato l’equipe dei Ghosthunters-Roma i quali, scortati dall’allora comandante dei vigili urbani Angelo Giuliani, per tutta la notte del 2 dicembre 2011, nell’anniversario della morte del frate, hanno posizionato, per i tre piani del palazzo, registratori ultrasensibili, strumenti per la misurazione del campo elettromagnetico e macchine fotografiche”. “Al termine della notte ‘non serena’ – scrive ancora il giornale – le anomalie registrate sono state tre. La più importante di esse riguarda la fotografia termica scattata nella Sala della Musica. In essa compare una figura umanoide che sembra indossare una mantella”. “Stando alla strumentazione – conclude il giornale – la forma era di circa 6° più calda rispetto alla temperatura ambientale”.
E qui il mio personale resoconto si ferma, perché, se continuassi a citare parola per parola tutte le frasi scritte da Andrea Cionci, potrei essere giustamente tacciata di plagio. Inoltre il cappuccino che stavo sorbendo mentre scrivevo in fretta questi appunti si stava raffreddando. E siccome a me il cappuccino piace molto caldo, a questo punto ho smesso di copiare e sono uscita dal bar. Sono uscita, però, sorridendo. Sì, sorridendo di intima gioia, perché pensavo con soddisfazione ai ghostbusters tarquiniesi messi in moto per gioco da “L’extra” molto tempo prima che questo articolo venisse pubblicato.
Allegri ghostbusters nostrani che per promuovere il calendario #checinema 2016 durante la festa del DiVino Etrusco, in una caldissima sera d’agosto hanno finto di bonificare il nostro Palazzo Comunale da fantasmi mai realmente esistiti.
Resta comunque in me, irrisolto, il millenario dilemma: quale delle due, Roma o Tarquinia fu la vera maestra dell’altra? Ah, saperlo!