di Francesco Rotatori
Terminerà il 24 maggio la mostra dedicata ai disegni di Gian Lorenzo Bernini a palazzo Barberni, Roma. IL LABORATORIO DEL GENIO- BERNINI DISEGNATORE ha raggiunto ormai i tre mesi di temporaneità all’interno delle sale espositive dell’opulenta sede seicentesca di una delle famiglie più importanti per i finanziamenti del barocco italiano e che vide coadiuvati gli sforzi di Carlo Maderno dapprima, poi di Francesco Borromini e dello stesso Bernini, i due cosiddetti rivali del Seicento italiano.
Quella stessa rivalità la possiamo leggere negli schizzi preparatori per il Baldacchino di San Pietro o per le piante realizzate dal Borromini, ove l’eccezionalità razionale della progettazione di una mente unicamente architettonica si scontra con l’eccentrica fantasia del plurilinguismo berniniano; un dibattito-dialogo che ha tuttora il suo massimo centro in Piazza Navona dove la Fontana dei Quattro Fiumi del Bernini si innesta coi suoi esotici motivi di gioco di fronte alla freddezza imponente della chiesa di Sant’Agnese in Agone, in cui il Borromini provvide a impostare la concavità della facciata per permettere alla cupola di svettare. Un corretto equilibrio di forze e dinamiche seppur barocche contro la massima astrazione dell’immagine resa realtà marmorea.
Se Borromini si ritrovò a essere una figura isolata, Bernini, osannato come novello “principe degli artisti” (un titolo che in primis un secolo prima era toccato all’irraggiunto Raffaello), era circondato da un’equipe di mestieranti e di allievi, un’officina formidabile che, al pari di quella dell’Urbinate, permetteva un’attenzione febbrile dalla fase della creazione e dello studio condotti fino all’esecuzione materiale, come dimostrano i vari studi in successione del San Daniele da collocarsi nella Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, in cui si transita da un modello ripreso dal vero a un controbilanciarsi dei pesi in una spirale spirituale che nel bozzetto in terracotta viene tradotta in una sorta di estasi in “avanti”, verso lo spettatore, più che verso l’alto (gioco-forza dettato evidentemente dalla nicchia).
Ben 50 di questi fogli giungono dal Museum der bildenden Künste di Lipsia, il quale si ritrova a conservare la stragrande maggioranza dei disegni dell’artista, in quanto essi rientravano nelle collezioni private della regina Caterina di Svezia. Tre sono le figure a cui è affidata la cura scientifica dell’esposizione: Jeannette Stoschek, Direttrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museum der bildenden Künste di Lipsia, Sebastian Schütze, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Vienna, e Giovanni Morello, già Curatore dei Musei della Biblioteca Apostolica Vaticana, autore di numerosi studi sulla figura del Bernini.
Una risposta alle evidenti disattenzioni verso quell’arte di cui tanto ci gloriamo soltanto una volta che essa viene danneggiata, distrutta o volgarizzata da vandali, siano essi italiani o stranieri. Forse sarebbe ora di capire quanto un restauro preventivo, e quindi una maggiore attenzione curatoriale verso ogni singola opera d’arte, sia fondamentale rispetto a un restauro postapocalittico.