di Francesco Rotatori
“Veduto Leonardo non si pensa più alla possibilità di fare molti progressi”. A pronunciare questa frase fu – e sembra incredibile ai più – Paul Klee, uno degli indiscussi protagonisti dell’astrattismo: se persino una delle figure che più tentava con la sua ricerca di “progredire” nel mondo dell’arte (al pari di tutte le Avanguardie novecentesche) ha sottolineato l’irraggiungibilità del genio fiorentino, pare ovvio dunque riconoscergli il ruolo di essere stato uno dei punti focali dell’intera storia dell’arte e soprattutto della nostra storia italiana.
In un periodo in cui la cultura pare essere bistrattata è importante ricordare al mondo e anche a noi, che forse lo diamo persino per scontato, la grande mansione che l’Italia ha svolto in questo campo. E in occasione dell’Expo, che aprirà a giorni, a Milano è indetta dal 16 aprile al 19 luglio la retrospettiva LEONARDO DA VINCI 1492-1519 nelle sale di Palazzo Reale. Per il nostro Paese si tratta della massima monografica finora realizzata, tanto da far figurare 200 opere, tra cui numerosissimi disegni (38 provengono dal Codice Atlantico, la più ampia raccolta di scritti e disegni di da Vinci che è gelosamente custodita alla Biblioteca Ambrosiana), la Belle Ferronière, l’Annunciazione e il San Giovanni Battista del Louvre, il San Girolamo della Pinacoteca Vaticana, la Madonna Dreyfus della National Gallery of Art di Washington .
Sono stati gli sforzi di Pietro C. Marani, autore di venti volumi su Leonardo e sulla sua ascendenza sui leonardeschi, e di Maria Teresa Fiorio ad aver permesso lo spostamento di questi capolavori a Milano assieme al celeberrimo Uomo Vitruviano, che tuttavia per ragioni di conservazione rimarrà esibito solamente per un mese. L’esposizione è suddivisa in 12 grandi sezioni che affrontano le tematiche basilari dell’operato leonardesco, dal disegno come fondamento e indagine dello scibile umano al paragone con gli antichi e gli artisti a lui contemporanei, dagli studi di anatomia e fisiologia alle invenzioni, fino all’influenza sui posteri che ha sancito il mito da Vinci, analizzato in finale attraverso la grande fantasia che l’enigmatica Gioconda ha esercitato in numerosi artisti, da Andy Warhol (White on white Mona Lisa) a Enrico Baj (La vendetta della Gioconda). Questa icona è purtroppo assente, il che non squalifica la retrospettiva.
Dobbiamo di fatto evidenziare come i dipinti di da Vinci siano estremamente delicati e il loro prestito sia il più delle volte negato, dato sia il grande costo dell’assicurazione che il grave danno che si potrebbe arrecare allo spostamento di opere così delicate; però possiamo felicemente compararle nelle 500 illustrazioni del catalogo Skira, il quale data l’eccezionalità dell’evento e la mole di pagine (ben 616) presenta un costo al di sopra della media.
E di certo, camminando per queste sale e osservando i capolavori geniali, non possiamo non riflettere e bonariamente sorridere alle parole di Vasari: “Grandissimi doni si veggono piovere da gli influssi celesti ne’ corpi umani molte volte naturalmente …Questo lo videro gli uomini in Lionardo da Vinci.”.