(s.t.) Alla fine – ammesso che questi siano effettivamente gli ultimi atti della vicenda – a spuntarla è stato Renato Bacciardi: entro marzo in consiglio d’amministrazione dell’Università Agraria di Tarquinia si ritroverà a votare la proposta di nuovo statuto e stavolta i voti del Polo dei Moderati, che ne avevano sancito la rumorosa bocciatura il mese scorso, non dovrebbero mancare, come sancito da un accordo scritto tra la componente bacciardiana ed il Partito Democratico.
Una vittoria di Antonelli, quindi, si potrebbe pensare al primo impatto: ed in effetti il presidente – forte del fatto che i futuri scenari di via Garibaldi non possono più riguardarlo – porterebbe a casa l’approvazione tanto cercata in queste ultime settimane. Ma ad uscire a petto gonfio dalla partita a poker è il vicesindaco: dopo quello che pareva essere un tradimento in consiglio dell’Ente – con il PD certo del suo voto favorevole, fatto mancare a sorpresa all’ultimo momento – sembrava scontata una resa dei conti che coinvolgesse anche il suo ruolo in Comune, come lasciato intendere la sera stessa anche dal segretario PD Centini.
Invece la sua puntata, Bacciardi, l’aveva studiata bene, rafforzandola con fondati sospetti di sempre maggiore vicinanza al centro destra; ed uno dei nodi fondamentali della giocata ruotava intorno al Comune, anzi al sindaco stesso, ed alle sue ambizioni da presidente della Provincia. Quanto avrebbe potuto nuocergli una crisi cittadina ad una manciata di settimane dalla scelta sulle candidature? E quanto tutto ciò avrebbe fatto comodo al PD in vista delle prossime uscite elettorali cittadine?
È bastata una manciata di giorni, perciò, per rimettere assieme i cocci, e se ad Antonelli come risultato arriva una ritrovata maggioranza – poi si vedrà che succederà semmai servisse l’ulteriore convocazione per approvare lo statuto – a Bacciardi arriva un risultato politico ben più notevole: la sua forzatura – forse, addirittura, il suo bluff – lo hanno portato a sedersi al tavolo da pari a pari con il PD, lui che è alla guida del Polo dei Moderati, la cui consistenza in termini di componenti interne e di forza elettorale è tutta da misurare. Una legittimazione politica, insomma, nei rapporti con il partito attuale prima forza politica cittadina, ancor di più se in vista delle elezioni all’Agraria del prossimo giugno. Pare, infatti, che – ammesso che lo statuto nuovo sia promulgato – l’accordo contenga già una richiesta da parte del Polo dei Moderati della candidatura a presidente; con la postilla, però, che qualsiasi delle forze di coalizione ottenga la candidatura principale dovrà rinunciare a pretendere anche un solo assessore.
Uno scenario, insomma, ancora complesso da definire negli eventuali termini elettorali in vista di giugno, tanto da rendere quasi inutile l’analisi prima di capire se e quali norme statutarie entreranno in vigore. Una curiosità, però, sorge, pensando ad un nome che frequentemente circola negli ambienti politico-giornalistici degli ultimi giorni: quello dell’ex assessore comunale Loretta Di Simone. Se il candidato fosse lei, di certo non riconducibile al Polo dei Moderati, l’accordo sarebbe ancora in piedi? O si tornerebbe a nuove discussioni a colpi di mani alzate e trattative incrociate?