Riceviamo e pubblichiamo
Durante il consiglio del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca, tenutosi mercoledì u.s., ho avuto modo di confrontarmi con il presidente Vincenzo Fava riguardo le mie osservazioni recentemente pubblicate in una nota. Detto confronto ha, purtroppo, confermato i miei dubbi sulle modalità, a dir poco approssimative, con le quali si pongono in discussione legittime istanze ed opinioni. È risultato infatti evidente che il presidente Fava interpretando, lui o per interposte persone, la mia nota come “un attacco” nei suoi confronti, abbia scelto di convertire quello che poteva essere un dibattito pubblico e civile, interessante l’intera comunità tarquiniese e non solo il comparto agricolo, in una sorta di bega privata al limite dell’invettiva nei miei confronti.
Consiglierei al presidente Fava, se deve ancora rappresentare gli interessi di un Ente come il Consorzio di Bonifica, di rendere pubbliche le sue opinioni su fatti e osservazioni e, serenamente, argomentare con competenza e ragioni. Ad ogni buon modo, con maggior chiarezza, spero, per ribadire a favore del Presidente le mie opinioni sul tema della “convenzione per la concessione a terzi dello sfruttamento idroelettrico delle condotte gestite dal Consorzio”, preciso quanto segue.
Il Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca affronta spese per la fornitura elettrica che oscillano (secondo annualità e relativi eventi) una cifra compresa tra i 700.000 e i 900.000 annui. Un sistema di sfruttamento idroelettrico delle maggiori condotte gestite dall’Ente potrebbe produrre ricavi compresi tra 400.000 e 600.000 euro/anno. L’impianto di un tale “sistema” (una o più centrali idroelettriche in grado di intercettare e ottimizzare la portata e le quote piezometriche delle condotte) può costare una cifra prossima ai 2.500.000 euro (duemilioni e cinquecentomila euro). Già con questi dati si intuisce, tramite semplici e rapidi calcoli, come nell’arco di pochissimi anni il gestore potrebbe ammortare i costi degli impianti e pervenire ad un vantaggioso ricavo da mettere a bilancio. La domanda inevasa è: perché concedere un simile vantaggio a dei privati e invece non sfruttarlo a favore del Consorzio e, di conseguenza, della comunità?
In aggiunta, mi preme ricordare che l’acqua che alimenta le condotte è captata dal fiume Marta e, per antonomasia, non esiste acqua più pubblica di quella di un fiume; lo stesso che opportunamente gestito può fornirci risorse in termini di irrigazione ed energia; lo stesso che può arrecare danni con le sue esondazioni. Perché il Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca deve cedere una parte delle risorse che può fornire il Marta a fronte di esigenze di pubblica gestione – e costi – (nostri) dei problemi dell’alveo dello stesso fiume? Nella sostanza: perché il territorio su cui incide il fiume non può gestirlo integralmente e deve cedere una parte della “good company” a dei privati e tenersi la “bad company”?
Spero che ora le mie opinioni a riguardo siano più chiare, sia per i lettori che per il presidente Vincenzo Fava al quale chiedo di rispondere cortesemente e pubblicamente ai quesiti sopra.
Augusto Torresi
Consigliere membro del Comitato esecutivo del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca