Riceviamo dal Comitato No Fotovoltaico Selvaggio Montalto e Pescia e pubblichiamo
La recente notizia dell’udienza fissata dalla Corte Costituzionale per il prossimo 11 dicembre, relativa alla moratoria di 18 mesi sugli impianti di energia rinnovabile in Sardegna, apre uno scenario di riflessione non solo per la Regione sarda, ma anche per altre realtà come la Tuscia. Il blocco, introdotto con la Legge Regionale n. 5 del 2024, solleva una questione cruciale: come bilanciare la necessità di accelerare la transizione energetica con la tutela del paesaggio e dell’ambiente?
La Sardegna ha motivato la moratoria con l’esigenza di proteggere il proprio patrimonio ambientale e paesaggistico, in linea con le proprie competenze statutarie. La stessa attenzione dovrebbe essere considerata in altre regioni con un ricco patrimonio naturale e culturale, come la Tuscia. La difesa dell’identità paesaggistica non è una semplice resistenza al cambiamento, ma un tentativo di integrare le energie rinnovabili con il rispetto dei territori che ne accolgono gli impianti.
La situazione in Tuscia: serve un approccio simile?
La Tuscia, caratterizzata da aree di straordinaria bellezza e importanza storica, come Vulci e il Lago di Bolsena, non può essere esclusa dal dibattito sulla gestione delle risorse rinnovabili. L’installazione di parchi eolici o fotovoltaici su larga scala può infatti modificare irrimediabilmente il paesaggio e alterare l’equilibrio tra lo sviluppo economico e la salvaguardia del patrimonio locale. In questo contesto, una moratoria temporanea potrebbe fornire il tempo necessario per riflettere su una pianificazione più equilibrata.
Le amministrazioni locali dovrebbero avere un ruolo centrale in questo processo decisionale. In Sardegna, il recente rigetto da parte del Tar del ricorso presentato dalla Branduzzo Energia srl contro il Comune di Gonnesa, che aveva negato l’autorizzazione per la costruzione di un impianto fotovoltaico a terra, è emblematico di come le decisioni a livello locale possano proteggere il territorio dalle pressioni esterne.
L’importanza del ricorso ai Tribunali Amministrativi
Come già avviene in Sardegna, anche in Tuscia i comuni potrebbero ricorrere al Tar per difendere le loro scelte contro progetti che non rispettano il territorio. Il sistema giuridico, attraverso il Tribunale Amministrativo Regionale, offre infatti una via per tutelare i diritti delle comunità locali, specialmente quando si tratta di progetti impattanti come gli impianti energetici.
Una moratoria potrebbe dare tempo non solo per l’adozione di una nuova normativa, ma anche per stimolare la partecipazione delle comunità, degli agricoltori e dei cittadini al dibattito su dove e come posizionare questi impianti. La partecipazione collettiva è essenziale per garantire che la transizione energetica sia sostenibile non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale.
Verso una pianificazione più consapevole
L’esempio sardo, con l’avvio dell’iter per una nuova legge sulle aree idonee, potrebbe essere un modello per la Tuscia. Ogni regione deve infatti affrontare la transizione energetica in maniera ponderata, bilanciando l’uso delle rinnovabili con la necessità di preservare il proprio paesaggio e la propria cultura. Solo attraverso un’attenta pianificazione, con il coinvolgimento attivo dei comuni e il ricorso agli strumenti giuridici come il Tar, sarà possibile evitare conflitti tra sviluppo e tutela del territorio.
In definitiva, una moratoria potrebbe rappresentare non un freno, ma una pausa utile per garantire che la sostenibilità, nella sua accezione più ampia, diventi davvero un principio guida per il futuro della Tuscia e di altre aree similari. A questo link il testo della petizione su change.or con la richiesta al presidente Rocca di una moratoria regionale per la Tuscia.