(s.t.) #parliamone: il primo a raccogliere la proposta de lextra.news di interviste/chiacchierate sui temi della politica tarquiniese in vista delle prossime tornate elettorali – prima per l’Università Agraria, ad aprile, quindi contestualmente a giugno per Comune ed Europee – è l’ex sindaco della città etrusca, Mauro Mazzola (ma già sono in cantiere altri interventi di personaggi cittadini per la prossima settimana).
“Sai che sono ancora l’unico sindaco cha ha fatto due mandati consecutivi? – esordisce – Giulivi e Conversini sono stati sindaci più volte, ma mai di fila. Almeno sinora”. Due mandati dopo i quali c’è stato il deludente risultato elettorale da candidato consigliere e una corsa regionale al fianco di Zingaretti, ma anche l’uscita dal PD non senza spunti polemici.
D – Se guardi indietro, a sette anni fa, cosa cambieresti o non rifaresti delle scelte fatte in quegli anni da sindaco?
R – Del primo mandato probabilmente niente, resto contento di quanto fatto, anche se abbiamo vissuto situazioni molto pesanti, dal carbone al rischio di dover accogliere centinaia di extracomunitari. Quella, come altre, sono state battaglie vinte lavorando come una squadra, da Ranucci a Celli, da Leoni a Centini agli altri, tutta gente che si incontrava e “tirava”. Infatti la popolazione dopo cinque anni ci ha premiato con una vittoria al primo turno. Nei secondi cinque anni, invece, ci siamo sentiti tutti troppo forti, tutti troppo importanti: c’è mancata l’umiltà e, peggiorando le cose, ho accettato la Presidenza della Provincia. Pensavo di poter contribuire a portare opportunità per la città, invece ho sottovalutato la disgregazione di una squadra che pensava troppo alle candidature del turno successivo. Col senno di poi sarei dovuto restare e tenere unito quel gruppo.
D – Davvero pensi sia stato l’unico errore? E per esempio il carbone, che ha allontanato una parte del consenso?
R – Chiariamo i fatti una volta per tutte: ho sempre detto che avrei fatto la battaglia sino alla fine per evitare la riconversione a carbone e che solo quando non ci fosse stato più nulla da fare avrei parlato di finanziamenti. E infatti io ho firmato l’accordo con Enel a centrale già inaugurata e avviata. Da parte di chi contestava era ormai solo una questione di principio, e comunque le elezioni del 2012 sono state un chiaro referendum da parte dei cittadini, che ci hanno riconfermato. E guarda che di cose ne abbiamo fatte tante: dalla zona industriale, avviata dopo anni, al portare gli acquedotti alla Farnesiana e al Borgo dell’Argento, dalla piscina alle pavimentazioni sino agli eventi. E una cosa voglio dirla: c’erano tanti eventi e questa amministrazione li ha persi quasi tutti. Restano il Presepe Vivente, anche se ora lo gestisce un’associazione, e il DiVino Etrusco, che è stato sempre un evento di successo, ma che fine hanno fatto la Giostra delle Contrade, la Festa di Primavera, il Premio Cardarelli, il Carnevale? In alcune cose hanno provato a copiare quanto già fatto senza mai migliorarlo, ma oltre a perdere qualcosa non hanno inventato nulla di nuovo”.
D – Insomma, a parte la parentesi Provincia, davvero non hai nessun rimpianto?
R – No, ma posso dire che mi è dispiaciuto non aver concluso i lavori del teatro. E se non avessi delegato troppo, penso saremmo riusciti a fare anche il parcheggio sotto alla Barriera San Giusto. Ma sono orgoglioso di quanto fatto, ad esempio, per i servizi sociali o in difesa dell’ospedale che, lo ricordo, la Polverini aveva chiuso: lo abbiamo difeso e finanziato e grazie alla professionalità dei medici è rimasto ancora per anni una struttura eccellente.
D – Eppure la popolazione ha parlato chiaro, sia premiando il centrodestra su tutti i fronti, sia non consentendoti un risultato personale come ci si aspetta da un sindaco uscente: perché, se tutto è stato fatto bene, ai tarquiniesi sei andato in antipatia?
R – Perché io sono uno che dice o sì o no, e sono rimasto isolato dagli stessi uomini del mio partito, dal quale infatti sono uscito, che miravano alla candidatura a sindaco. Ci siamo tutti isolati e le persone, quando vedono che non sei squadra, ti abbandonano. Attenzione, infatti, che a me oggi in comune non sembra che ci sia una squadra… A ogni modo, per risponderti, ti dico che ancora oggi, ci sono cittadini che mi fermano e mi chiedono di ricandidarmi.
D – Non pensiamoci per ora. Pensiamo agli ultimi cinque anni. Un giudizio sull’amministrazione Giulivi?
R – Ci sono cose che non condivido, a partire dal metodo, dal modo di comportarsi: più che valutarlo sui lavori fatti, mi soffermo sul fatto che sembra non coinvolga nessuno, che su alcuni temi faccia tutto troppo da solo. Anche ai consigli comunali ha sempre questo tono aggressivo: eppure davanti non ha chissà che opposizione accesa… Ti faccio un esempio: posso capire la scelta di chiudere la strada dell’Acquetta per le responsabilità sollevate da una lettera di residenti, ma perché non utilizzare i tanti soldi delle multe per sistemarla? Su sanzioni a tappeto, autovelox eccetera, poi, sono del tutto contrario. Vuoi un giudizio sintetico? Per me non è sufficiente: in fondo, si è perso mezza squadra e gli eventi e iniziative di cui parlavo prima.
D – Guardiamo al domani allora. Prima del Comune si voterà per l’Università Agraria: tra chi vuole chiuderla e chi pensa al listone unico per le riforme, ti sei fatto un’idea?
R – Sì, che secondo me l’Agraria deve essere lo strumento in collaborazione con Comune che faccia da riferimento cittadino per l’agricoltura. Cosa c’entra il Comune con l’agricoltura? Abbiamo sempre fallito a livello comunale l’approccio con le realtà produttive. Invece l’Agraria può ben sviluppare sinergie con enti, associazioni, cooperative e sindacati, sempre in collaborazione col Comune. Basta feste e festicciole: l’Università Agraria deve occuparsi dei terreni. Se poi si mira a organizzare un evento di spessore come il Game Fair, ben venga, ma pensando a qualcosa di evolutivo e ambizioso.
D – E per il Comune?
R – Torno su un concetto che è tra quelli che mi ha visto isolato sette anni fa: allora andava sdoganata l’idea di poter dare fiducia al centro e adesso servirebbe quel tipo di umiltà: vedo bene PD, Moderati, UDC e forze di questo tipo assieme. Ma a una condizione: chi va in lista non deve farlo per mettere la bandierina, ma per impegnarsi a governare questa città. Fare le liste per vincere e basta non porta a nulla di buono. E posso dirti che Renato Bacciardi può essere un buon riferimento da questo punto di vista”.
D – Anche se alle Regionali era candidato col centrodestra?
R – Ma sì, che c’entrano le Regionali? Non ha tessere di partito. Credo che noi dobbiamo ragionare sulla cosa e sul valore aggiunto che ha, in termini di voti.
D – Noi chi?
R – Noi gente che ha fatto politica sinora, che ha avuto incarichi importanti, per tornare a governare con le nostre idee. Poi, chiaro, è bene ci siano dei giovani che abbiano voglia di imparare: non si può diventare sindaci o assessori dalla sera alla mattina. Troppo spesso ho visto pressappochismo nei giovani, che non si impegnano a studiare il funzionamento di un comune e dei suoi settori: essere amministratore non può significare soltanto alzare la mano in consiglio.
D – È anche vero che, almeno nel centrosinistra, alla nuove leve politiche avete fatto terra bruciata attorno, per paura fossero insidie più che alleati.
R – In realtà il ricambio generazionale l’avevamo fatto, crescendo una buona generazione di giovani. Solo che hanno voluto bruciare le tappe e volevano far uscire prematuramente dalla politica persone come me e la mia giunta: lì si è iniziato a sgretolare tutto.
D – Concludendo, sinora si parla solo di riunioni, nomi e strategie politiche. Ma che direzione deve dare a Tarquinia chi la amministrerà nei prossimi anni?
R – Una direzione totalmente culturale, naturalmente indirizzata al turismo: ci sono 3000 anni di storia, gli etruschi, un patrimonio culturale enorme da valorizzare per far diventare la città un punto di riferimento per turisti e visitatori. Poi, chiaramente, c’è l’agricoltura: vorrei riuscire a vedere aprire una fabbrica di trasformazione di prodotti agricoli. Insomma, non campare alla giornata, ma pensare due o tre progetti ambiziosi e realizzabili nell’arco di un mandato”