Riceviamo dal PD di Tarquinia e pubblichiamo
La consiliatura del presidente Tosoni è durata poco più di anno, un lasso di tempo che senza dubbio poteva essere utilizzato meglio: si sarebbe potuto (o meglio, dovuto) “mettere le mani” sui punti dolenti dell’Ente che ormai da anni sono noti a tutti, soprattutto a tutti quegli amministratori che erano presenti anche con la precedente amministrazione Borzacchi.
Soprattutto era improcrastinabile intervenire sullo Statuto, che a seguito della riforma imposta dalla legge 168 del 2017, non è stato mai adeguato. Questo vulnus, assieme alle problematiche relative ai bilanci degli ultimi anni mai effettivamente chiarite della maggioranza, non ha consentito e, non consente tuttora, una gestione proficua dell’ente.
Inutile ribadire che il PD, sin dal primo consiglio del gennaio 2023, aveva sottolineato la necessità della riforma statutaria ma soprattutto la propria disponibilità ad istituire una commissione ad hoc che si occupasse dell’adeguamento dello statuto alla legge 168. Purtroppo per l’Ente e, per tutti i cittadini di Tarquinia, la maggioranza impegnata a risolvere le questioni politiche interne nulla ha fatto, (tantomeno ha proposto) al riguardo.
La situazione nella quale oggi ci ritroviamo, frutto delle beghe politiche e dei “giochi di palazzo” di qualcuno, ha paralizzato l’Ente rendendolo schiavo di discussioni che nulla hanno a che vedere con l’Ente in sé o con la sua gestione, ed ha portato ad una scelta folle ed irresponsabile: quella di indire delle nuove elezioni in assenza delle necessarie modifiche statutarie ed a ridosso delle elezioni comunali che si svolgeranno – di fatto – ad un mese di distanza. Tutto questo, come detto, mantenendo un impianto che non consente e non ha consentito all’Ente di poter proseguire la propria attività senza essere “schiavo” di dinamiche di potere che pure – qualcuno sosteneva – dovevano essergli estranee. E invece anche qualcuno che fino a poco prima aveva urlato di tutto contro il presidente, per una poltrona era disposto a tutto, salvo poi essere tra chi l’ha fatto cadere.
Una decisione, questa, che rischia di affondare definitivamente un Ente che gestisce oltre 6.000 ettari di terreni che sono per definizione di tutti i tarquiniesi, già da anni abbandonato a sé stesso, nell’assenza di una visione e – ci viene da dire – della voglia di riformarlo profondamente. Forse perché qualcuno è ancora convinto di poterlo gestire come un “secondo Comune”. Un errore madornale che rischia di costare caro a tutti i cittadini. Ed avremmo voluto che qualche amministratore che oggi gioca a “scarica barile” (probabilmente per convenienza politica) se ne fosse assunto la responsabilità.
Non nascondiamoci dietro un dito: la situazione ad oggi è molto grave, e continuare ad assistere a questi continui rimpalli di responsabilità tra “chi ha fatto cadere chi, come e perché” è alquanto avvilente.
L’appello che ci sentiamo di lanciare è quello di mettere da parte gli “appetiti politici” e, prendendo atto proprio della gravità della situazione, compiere un gesto di responsabilità doveroso nei confronti dell’Ente e dei cittadini: impegnarsi in una proposta collettiva con lo scopo prioritario di riformare l’Ente adeguandolo, nella forma e nella sostanza, alla legge 168/2017, dopodiché agire immediatamente sulla situazione di bilancio per capire quale sia – ad oggi – il reale stato dell’Ente, vero e proprio rebus da oltre 6 anni.
Solo così sarà finalmente possibile costruire un futuro per l’Università Agraria, estromettendola da quella dinamica che la vede appunto utilizzata come un “secondo Comune” e spesso ad uso e consumo dei suoi amministratori per ritorni propagandistici, sicuramente a scapito di una buona amministrazione e dell’interesse collettivo.