Solo un pensiero, che però diventa appieno cronaca cittadina. In questo inizio d’anno è capitato già almeno quattro o cinque volte di sentire o leggere – dalle bocche o dalle penne degli amministratori comunali o di persone che attorno ad essi gravitano – la frase “È iniziata la campagna elettorale”.
Naturalmente atta a liquidare come pretestuosa ogni critica o polemica che alla maggioranza stessa venga rivolta.
Concordo appieno: la campagna elettorale è iniziata, anzi non è mai finita, se è vero com’è vero che sin dal primo giorno di governo sindaco ed assessori occupano la stampa locale con comunicati stampa a profusione su ogni più banale evento della vita amministrativa. Evento che, manco a dirlo, lo stesso Comune pensa bene, nei comunicati che dirama, di raccontare sempre e comunque come uno “clamoroso successo”, un “tutto esaurito” o una “straordinaria conquista”.
Anche quando, in realtà, si tratta di appuntamenti arricchiti dalla presenza dei soli parenti e fedelissimi, opere pubbliche da catalogare nel comparto “minimo obbligo sindacale” o conquiste di civiltà giunte in netto ritardo e, peraltro, imposte dalla legge (un inciso: bravi i ragazzi di SkyLab, al solito abili a realizzare campagne d’immagine d’impatto, ma che la raccolta differenziata, resa OBBLIGATORIA dalle legge ed a Tarquinia fatta scattare almeno un paio d’anni più tardi del dovuto, sia frutto di un’illuminazione ambientalista dell’amministrazione è un messaggio davvero difficile da far passare!).
Ci preoccupa, piuttosto, l’addirittura accresciuta ansia da comparsata palesatasi in questo inizio anno dai politici nostrani, pronti a starnazzare a colpi di comunicati polemici su ogni fronte e, dulcis in fundo, ad accorrere addirittura in sette – sindaco, due assessori e tre consiglieri, più lo special guest dalla Regione – per inaugurare il centro d’aggregazione giovanile (che, di certo, è una forza aggregatrice di politici, a giudicare dall’affollamento nella foto per il taglio del nastro).
La smania mediatica – credo sia fuori dubbio – è uno dei più evidenti frutti del Berlusconismo esportato nella politica locale. Con una grande, ovvia differenza: i nostri cover politics – che pure a parole tanto criticano Silvietto – pagherebbero oro per saper gestire la propria immagine come fa il Premier, sdoganandosi da questo marketing (o marcheting?) all’amatriciana. Anzi, all’acquacotta.