Francesca Castignani e Tiziana Favi sono i Personaggi dell’Anno secondo la valutazione della Redazione de lextra.news: come ogni anno, il portale premia chi ha ricevuto più voti dal sondaggio sul sito (nell’occasione Marco Contestabile) e chi, secondo staff e collaboratori del sito, merita il riconoscimento per quanto dimostrato nei dodici mesi.
Così a ricevere il diploma simbolico sono state le anime rispettivamente di Belle Hélène e Namo Ristobottega, pasticceria e ristorante giunti – chi già da qualche anno, chi da qualche mese – al top per quanto riguarda le segnalazioni in ambito gastronomico: per loro, già più volte protagoniste di chiacchierate con il direttore, stavolta un’intervista in coppia.
D – Qualche sera fa, in uno show cooking in piazza Matteotti, lo chef stellato Gianfranco Pascucci, parlando nello specifico della guida Michelin, ha spiegato che una menzione come quella di Namo – e può valere anche per le Tre Torte Gambero Rosso di Belle Hélène – sono finestre che si aprono su una città. Pensarci vi dà più orgoglio o responsabilità?
Francesca – Entrambe, sicuramente.
Tiziana – Quando alzi l’asticella, c’è la tensione del dover rimanere a quel livello.
F – Sì, sei più oggetto di attenzioni e critiche. Ti faccio un esempio: recentemente abbiamo avuto una recensione molto negativa dai una persona da Milano che aveva appositamente programmato una vacanza vicino Tarquinia anche per poter passare da noi. Purtroppo è capitata proprio in un giorno di chiusura straordinaria avvenuta all’ultimo istante. E li capisco, perché dovendo ripartire non hanno potuto assaggiare nulla: essendo capitato anche a me, so che ci si resta male. Purtroppo è successo e, vedi?, fossimo meno conosciuti non si sarebbero spostati per noi. Per cui sì, il senso di responsabilità c’è, ma ovvio che è anche una grande soddisfazione.
T – Diciamo che nel complesso è più l’orgoglio di fare quello che ami e averne un riscontro positivo: al di là dei riconoscimenti che ti arrivano, sono i clienti a premiare il lavoro che fai. Anche perché ci impegniamo per quello, non per altro.
F – Viene gratificato sia il lavoro, che l’amore che metti in quello che fai.
D – Voi collaborate spesso (“Anche se meno di quanto vorremmo – sorridono – perché è difficile trovare tempi “morti” comuni, già che per fortuna ce ne sono pochi!”). Questo confrontarvi vi ha permesso di aiutarvi, di ispirarvi a vicenda?
T – Io ho guardato molto a Francesca, al suo essere andata dritta per la sua strada, che è una cosa che ho apprezzato davvero tanto: ha fatto la sua scelta, ha dato una sua impostazione e l’ha seguita, anche se quando ha cominciato serviva coraggio. Perché se all’inizio la gente non recepisce, può venire il dubbio di cambiare. Invece no, ha proseguito su quel cammino. In ho fatto un po’ lo stesso, pure nei momenti in cui lavori meno e sarebbe facile cambiare strada. La cosa bella, adesso, è che – in posti come i nostri che, molto legati alla stagionalità, cambiano spesso menu e offerta – la gente viene perché ama l’idea, anche se non trova il dolce o il piatto assaggiato la volta prima.
F – Ma a parte l’andare dritte sulla nostra idea, sul concetto che abbiamo scelto di trasmettere, io mi trovo bene a collaborare con Tiziana perché trovo in lei un’apertura mentale sul modo di vedere la cucina, di interpretarla, anche a livello culturale. Con lei vado tranquilla: ci sono cose che devi fare e ti mettono pensiero, quando invece propone qualcosa lei invece sto serenissima.
T – Sai cosa mi piace ad esempio di Francesca, quando viene da Namo? Che vedi che assaggia una cosa con la consapevolezza delle lavorazioni che ci sono dietro, perché per lei, in laboratorio, è lo stesso.
F – Molte volte la fatica è proprio lì: fai un piatto, magari con un ingrediente solo, ma quante preparazioni ci sono per arrivarci? Ad esempio dei piatti di Tiziana mi piace che, quando li assaggio, penso che hanno proprio il sapore che gli darei io facendoli a casa, però fatti molto meglio!
D – Qual’è il dolce di Francesca che ti piace di più?
T – La crema che fa lei! Il suo éclaire alla vaniglia secondo me è l’immagine proprio della semplicità, ma allo stesso tempo dell’esplosione in bocca dei sapori. Una cosa fantastica. Ma in generale mi piacciono praticamente tutti, poi li cambia così spesso… Fondamentalmente sono convinta di una cosa: che prima di arrivare a fare i dolci come lei, devi saper fare benissimo le cose di base. Dietro a ogni cosa ben fatta c’è sempre una conoscenza che parte dalle basi.
D – E il tuo preferito tra i suoi piatti?
F – Beh, il risotto, di tutti i tipi. Ma l’anno scorso, d’estate, assaggiai da lei delle zucchine con il pane ed è finita che sono andata tre volte a cena, in quell’estate, e tutte e tre le volte ho preso quel piatto! Ogni volta mi dicevo “Stavolta provo altro”, e invece alla fine “No, no, le riprendo!”.
D – Chiudiamo con la domanda che farà da filo conduttore delle interviste di quest’anno de lextra.news: Tarquinia cosa è e dove va? Che identità ha e che strada dovrebbe seguire?
T – Secondo me, che peraltro non ne sono originaria, Tarquinia sino a qualche anno fa era un posto con un gran potenziale non sfruttato. Da qualche tempo, forse, qualcosa si sta muovendo, o almeno la vedo così: e credo che questa spinta ce la stia dando il nuovo che arriva, perché sta arrivando tanta gente da fuori per venire a vivere qui. E parlando con loro, anche noi che ci viviamo e di solito ne vediamo solo il negativo riscopriamo il valore e la bellezza che ha. Dove può andare? Secondo me dovrebbe fare un passo indietro nel tempo a recuperare eventi e attività culturali che si facevano qualche anno fa: ho ricordi bellissimi, ad esempio, legati al Festival della Complessità. Ma c’erano tanti eventi, anche semplici, che facevano venire a Tarquinia gente bella, interessata al bello. Ci sarebbe bisogno di più cose così, e iniziano a esserci posti che attirano gente così.
F: Io a Tarquinia ci sono nata, sono andata via e ritornata, e per quasi metà della mia vita, i primi diciotto anni circa, desideravo andarmene, come penso sia normale per quell’età. Adesso invece ho raggiunto un momento della mia vita in cui sto proprio bene qua, non c’è nessun altro posto in cui vorrei vivere. E a chi a volte mi chiede perché, per il mio lavoro, ho scelto Tarquinia, rispondo “Perché dovrei scegliere un altro posto quando io ci vedo talmente tante cose positive qua?”. Secondo me la forza di Tarquinia è proprio nelle sue differenze: c’è l’agricoltura, c’è il turismo – e se vai a vedere le due cose spesso si scontrano –, c’è tanta arte, tanti artisti. Insomma, molte anime, e la sua forza è proprio in queste differenze. Se c’è un limite è proprio il non essere coscienti dei punti di forza che ci sono, non averne abbastanza consapevolezza. Secondo me bisogna crederci di più. Faccio un esempio: quando parlo con colleghi pasticceri in giro per l’Italia, spesso mi dicono che alcune cose non potrebbero mai farle, perché i loro clienti non apprezzerebbero. Invece, a Tarquinia il pubblico a cui ci rivolgiamo è molto più avanti rispetto a ciò che pensiamo. Poi anche le influenze di chi viene da fuori di cui parlava prima Tiziana arricchiscono ancora di più questa realtà così variegata.