Politica, tra passato e futuro: questo il contenuto della prima parte, pubblicata ieri, dell’intervista di inizio anno ad Alessandro Giulivi, sindaco di Tarquinia, da parte del direttore de lextra.news. Ecco la seconda e ultima parte.
All’Agraria il centrodestra ha vinto nettamente, ma tu non hai votato. È vero che non condividevi la scelta del candidato da parte della coalizione?
È diverso: io non sono d’accordo sull’Agraria, io la volevo chiudere. Non sarebbe stato coerente andare a votare all’Agraria da parte di uno che la vuole chiudere. Solo per quello non sono andato. L’Università Agraria è un ente che va accorpato al Comune, in qualsiasi forma – come un assessorato o quel che vuoi – altrimenti perderemo tutto quello che possiede. Fortunatamente la caserma dei Carabinieri è passata al Comune, ma sarebbe potuta passare a chiunque e avremmo perso un bene di tutti. Oltretutto, ora che è l’Agraria si è trasformata in azienda a tutti gli effetti, è un ente ingessato.
Lavorerete assieme con l’amministrazione Tosoni, per quanto possibile?
Io ho sempre cercato di lavorare assieme all’Agraria, però credo che ci siano tanti progetti che potrebbero essere comuni, se portati avanti in maniera comune. Se loro vogliono prendere un’identità diversa e, come negli anni passati, vogliono considerarla un piccolo comune con un mini sindaco…
Ci sono comunque tanti progetti in ballo in comune, parliamo di un ente che gestisce 6.000 ettari di tutti i cittadini, compresa la Civita con tutto il lavoro che si sta facendo sugli scavi.
Il problema, per me, è che ogni volta che mi sveglio la mattina non sono mai soddisfatto: sistemo dieci cose e ne escono altre cento da sistemare. Quindi secondo me va ricreato un tessuto urbano della città, umano. Parliamo della ZTL: vogliamo che Tarquinia ritorni aperta a tutto e tutti, con le macchine l’una sopra all’altra, i parcheggi selvaggi e tutto il resto? Se Tarquinia vuole questo, significa che non potrà mai diventare una città turistica. Andiamo in Toscana, troviamo tutto bellissimo, ci fanno pagare il parcheggio chissà quanto l’ora, poi ritorniamo qua e vorremmo fare di nuovo come ci pare.
Il parcheggio in realtà non ha trovato chissà che grossa opposizione. È più su orari e chiusura dell’anello. Hai mai pensato di rivedere e ristrutturare la ZTL diversamente rispetto a come era stata pensata all’inizio?
La ZTL è già strutturata. Mi devi dire: perché fai l’anello? Dove devi andare? Se lascio l’anello aperto e chiudo tutte le strade di accesso al centro – come ad esempio questa sotto al Comune, che dovrebbe essere chiusa e che infatti ha il divieto, o come quelle che dall’anello vanno verso l’interno – a cosa ti serve l’anello?
Perché, ad esempio, tutta l’area della Piagiola sino alla Ripa non ha parcheggi vicino per servirla. Se devo cenare da una persona che vive lì, mi resta difficile raggiungerla.
Ma adesso ci sarà il nuovo programma, già messo a bilancio, che permetterà di entrare con il telefonino nell’app e comunicarlo. Come in tutte le città italiane, Merano, Firenze, o altre realtà medio piccole, avremo un programma che prevede che se tu stai all’interno di una fascia in cui puoi essere autorizzato, lo comunichi, prevedendo una serie differenti di fasce di autorizzazione. Devo venire a cena a casa tua nel centro storico? Lo indico sull’app, senza specificare chi sono o non sono, ma solo comunicando la targa che viene immessa nel sistema automatico – così che non ci sia alcun operatore – e entro tranquillamente nel centro storico. A cosa serve, allora, lasciare aperto l’anello, che oltretutto ora, d’inverno, chiude alle 21? Se tu togli la ZTL, come la vorrebbe togliere qualcuno, lasciandola solo d’estate, non ha più valore, non è più una zona a traffico limitato. Perché devo entrare in un’area che dovrebbe essere protetta, come succede in tante città italiane? Le gente va educata nel tempo: se il centro fosse rimasto chiuso venti anni fa, oggi non ci sarebbe questo problema. Prova ad arrivare a Firenze con la macchina a Ponte Vecchio.
Però, a Firenze, tante zone le raggiungi.
Se io lascio aperto l’anello, permettendo di circolarci, ma chiudo tutte le vie, scommetti che si arrabbierebbero anche di più? Farei presto: metto telecamere sulle vie che entrano verso l’interno…
Ti faccio un esempio: Orvieto. Ha varie zona a traffico limitato, ma hanno iniziato pezzo per pezzo, accrescendo via via le aree chiuse per poi arrivare alle telecamere. Il tuo approccio è stato l’opposto: hai chiuso tutto e poi cerchi soluzioni.
Ma perché Orvieto ha più possibilità di strade e vie che puoi percorrere. Tarquinia purtroppo ha un percorso obbligato: entri da San Francesco e esci al museo, senza altre vie d’uscita. Questo voglio dire: la gente deve abituarsi che chi abita dentro il centro storico o chi vuole entrarci – anche grazie ai parcheggi, se riusciremo a farli e a finirli – la macchina la deve lasciare. Tarquinia deve essere un centro commerciale naturale, e per farlo devono esserci negozi, non macchine.
Non ti manca parlare con le persone? Con il cittadino? Una critica generalizzata è di un distacco con la città: da quanto non fai una passeggiata e prendi un caffè in giro?
Io parlo con tutti quelli che me lo chiedono. Ho preso un caffè non più tardi dell’altro ieri: io ci vado in giro. Scusa eh: vado a messa, agli eventi. Il problema a volte è che un conto è parlare col cittadino, un conto essere insultato dal cittadino.
Vero, e succede soprattutto a chi ricopre figure di spicco. Ma non credo sia una percentuale così alta.
No, vero, è poca, però col cittadino ci parlo, vengono anche in Comune. Poi chiaro che veniamo dai tre anni di Covid in cui davvero non si è parlato con nessuno, ma il numero di telefono mio personale credo ce l’abbiano tutti o quasi.
A volte si ha l’idea che se una tua scelta è criticata e contestata, te un poco ti ci impunti su quella decisione, la difendi di più.
Non è vero, considera che io nemmeno i giornali leggo! Mi riportano qualcosa, ma non apro né giornali, né social. Non mi importa di impuntarmi, semplicemente una volta che ho preso una decisione, è quella, non è che la difendo. Perché per prendere una decisione, bisogna che io sia convinto che sia la strada più corretta, e a quel punto non la mollo. Poi è normale che non possa stare bene a tutti, anzi, sicuramente ci si dividerà tra chi la appoggia, chi è contrario e chi non se ne interessa.
E c’è qualcosa su cui hai cambiato idea o pensi di cambiare idea?
Quello che la gente non capisce è che prendere una decisione per tutti è una cosa tutt’altro che semplice, per cui prima di farlo logicamente uno ci pensa, perché siamo tutti consapevoli di come questa influisca mediamente sulla vita di tutti. A volte vorrei far sedere i cittadini per uno o due giorni dietro quella scrivania, soprattutto chi critica, per vedere cosa fanno. È come con il calcio: in Italia siamo un popolo di allenatori, ma anche di sindaci.
E vorresti più cittadini che ti dicano sempre sì o più cittadini che criticano?
Vorrei più cittadini che fanno crescere Tarquinia. Che la critica sia costruttiva, e non politica, che mi si critichi per ciò che faccio, e non per la fazione politica. Tutto ciò che si fa di buono, sembra non uscire fuori, sembra nessuno ne parli.
Ma questa forse è una mancanza di comunicazione da parte del Comune.
E allora perché su ciò che si fa male, o che alcuni credono siano fatte male, la comunicazione c’è? Ci vuole una parità in questo. Faccio un esempio: qualcuno ha detto che abbiamo riscoperto il terzo quadrante dell’orologio della torre del Comune, quello verso l’Alberata, che dal 1800 era stato oscurato e Alessio Jacopucci è stato bravo a ricostruire? È una sciocchezza, ma è un esempio. Se si fa una cosa fatta bene è corretto che si dica, non si può solo attaccare su quelle fatte male.
Per quello che possiamo cercare di fare, con le forze che abbiamo, manteniamo i servizi, portiamo avanti tutte quelle cose che paiono normali e scontate, ma che lo sono grazie al lavoro degli uffici. Dietro c’è comunque una squadra di persone che è qui ogni giorno, feste incluse, per portare avanti tutte le varie attività, dal teatro e altro. Un ultimo esempio: per far riprendere il Presepe Vivente dopo tre anni di fermo non è che è bastato schioccare le dita.
Se c’è critica, che ci sia in ogni senso: è davvero tutto sbagliato quello che stiamo facendo? Non mi sembra che poi il riscontro tra i cittadini e la risposta politica sia così negativa: vuol dire che quelli che parlano e criticano forse non sono così numerosi.