Con le elezioni alle porte, proviamo ad approfondire cosa sta succedendo a Montalto di Castro: ci siamo regalati sei chiacchierate, una (che trovate di seguito) con il sindaco Sergio Caci, agli ultimissimi giorni di mandato. Le altre cinque arriveranno a breve e tutte assieme, per garantire al massimo la parità di trattamento, e vedranno come protagonisti i cinque candidati sindaco. Buona lettura
di Stefano Tienforti
“Come sto? Un po’ in fase relax, un po’ preoccupato dal trasloco: ora sistemerò le cose personali, metterò ordine e lascerò a disposizione del mio successore qualche appunto”: lo scatolone simbolico che raccoglie gli oggetti di chi lascia un ufficio è, per il sindaco di Montalto di Castro Sergio Caci, forse pieno più di ricordi che di robe e scartoffie. Basta guardarsi attorno, tra pareti, mensole e ripiani, per ripercorrere tra foto, targhe e cimeli, dieci anni e qualcosa – le elezioni, nel 2012, furono a inizio maggio – di vita amministrativa che si fonde con quella personale e della città.
“È naturale che un po’ mi spiaccia lasciare – spiega iniziando quella che potrebbe essere la sua ultima intervista da primo cittadino – ma è altrettanto vero che mi serve un po’ di riposo. È stato un bell’impegno e da qualche mese sento che tendo a spazientirmi troppo presto e per troppo poco: il che dimostra, in fondo, che il limite di due mandati è assolutamente giusto”.
D – Se ti guardi indietro, riesci a pensare a un ricordo che sia il più emozionante di questi due mandati?
R – “Dirtene uno è difficile, perché di momenti così ne porto con me tanti. Ma se posso cavarmela dicendoti la cosa che mi ha sempre emozionato molto è stato il rapporto con i ragazzi, con le scuole, dai momenti di sport alle giornate istituzionali. Essendo puri, senza il pensiero del voto che spesso condiziona i rapporti, riescono a trasmetterti quel sentimento di compiacimento per la cosa che stanno facendo che ti emoziona in maniera genuina. Ma in generale penso mi resterà molto del rapporto con le persone, il parlare, l’ascoltare il sentimento di chi non ti ha mai chiesto nulla: anche quello è interessante ed emozionante, perché esprime un parere che è senza filtri, quando invece chi ti ha chiesto una cosa – che l’abbia ottenuto o meno – spesso ne è condizionato”.
D – Restiamo ancora a quel giorno di dieci anni fa: quanto ti hanno cambiato questi due mandati da sindaco?
R – “Tanto, tantissimo: in fondo dieci anni di vita, dai quaranta ai cinquanta, cambiano una persona indipendentemente da un incarico. Di certo è cambiato il carattere: oggi ad esempio resto meno male se un cittadino mi fa una critica, anche molto diretta. Riesco a capirne il perché, che non è qualcosa di personale ma dipende dal non esser riuscito a dargli le risposte e le soluzioni che avrebbe voluto. Ho una scorza più dura: all’inizio sembrava di stare sotto al diluvio senza l’ombrello, adesso ho tutta l’attrezzatura, muta compresa! E l’esperienza, sia di vita che politica amministrativa, è stata enorme”.
D – E Montalto, in cosa credi sia cambiata di più, nel frattempo?
R – “Se devo scegliere una cosa soltanto, ti dico nel dialogo tra il sindaco e i cittadini. Ora tutti chiamano, scrivono, si esprimono e si espongono. Sono felice di questo genere di confidenza, è qualcosa su cui ho voluto fondare i miei mandati e che avevo voluto nel programma già nel 2012: mettere fine alla paura di parlare con il sindaco o gli amministratori. Credo che anche aver investito in modo ingente in cultura abbia aiutato a cambiare la mentalità di questa città e resto dell’idea che aver, magari, riparato una buca in meno, ma aver fatto il teatro o aver investito su sport ed eventi abbia portato sensazioni positive e aperto la mente, facendo sì che quell’ombra di grigiume e serietà in dieci anni si sia dissolta. Spero che chiunque amministrerà mantenga questo genere di contatto con la gente, in modo che, se i cittadini vogliono complimentarsi o mandarti a quel paese, possano sentirsi liberi di farlo. E invece con rammarico mi dicono che con alcuni candidati attuali ci sono più timori: alcuni già non rispondono più!”.
D – Ultima domanda “al passato”, poi passiamo ai giorni d’oggi: c’è qualcosa che proprio avresti voluto realizzare, senza riuscirci? Un rimpianto, diciamo…
R – “Avevo cento cose in testa, e penso di averne fatte venti: volevo fare piste ciclabili, cambiare tanto, anche ristrutturare la struttura comunale. In molte cose sono stato anche frenato, e tante idee sono rimaste nel cassetto, ma faccio sempre in tempo a proporle alle future amministrazioni. A me piace e mi piacerà, se possibile, collaborare, fare proposte, perché voglio bene a Montalto e Pescia Romana. Ma mi rendo conto che nella pubblica amministrazione, anche per un fatto di struttura normativa, è difficile realizzare tutto quanto si ha in testa. Servirebbe un grande lavoro sulla semplificazione: un po’ col Covid qualcosa è migliorato, ma non tanto quanto potrebbe sembrare”
D – Veniamo al presente, che spulciando i social appare ad alto tasso di litigiosità. Lo chiedo a te e lo chiederò a tutti i candidati: dove nasce tutta questa animosità?
R – “Guarda, non seguo i social dei candidati e ho seguito solo il confronto in streaming, ma il clima negli ultimi giorni si è effettivamente scaldato, forse anche in seguito al mio post di sabato mattina. La litigiosità credo derivi dalla voglia di amministrare, forse dalla paura di perdere. Personalmente, quel che dispiace è che ritengo cinque liste siano troppe: non lo trovo educato nei confronti dei cittadini. Su 9.000 abitanti andrebbero presentate tre, massimo quattro liste, ma è mancata la sintesi sul candidato sindaco ed evidentemente tutti i leader dei movimenti hanno voluto correre come sindaco, e non magari mettersi a disposizione dei cittadini anche in altri ruoli”.
D – Un altro dato evidente, in effetti, è la frammentazione: vorrei chiederti sia che lettura politica ne dai, sia se ritieni di dover fare un mea culpa, se ci sia una responsabilità anche tua, come sindaco, nella gestione dei rapporti tra amministratori che ora finiscono su fronti opposti.
R – “Ho uomini e donne che sono stati nelle mie maggioranze disseminati in tre liste su cinque. In pratica, li ho cresciuti tutti io! E sono tutti usciti dalla mia maggioranza perché hanno avuto e hanno voglia di riscatto, anche se quando sono stati con me hanno ottenuto tutti quello che dovevano ottenere, nessuno è stato frenato nelle sue ambizioni: penso al bilancio che hanno avuto a disposizione Fedele, Sacconi, Luca (Benni, ndr), Fabio (Valentini, ndr) e che credo pochi assessori abbiano avuto. In altri comuni vedo sindaci che frenano gli assessori, che non gli mettono a disposizione spazi e risorse. Che è un po’ come ha fatto Luca (Benni, ndr) con Giovanni (Corona, ndr) e Silvia (Nardi, ndr), li ha frenati quando era facente funzione. Io non l’ho mai fatto e non capisco perché se ne siano andati tutti quando, invece, potevano fare gruppo. Forse c’era e c’è proprio un’incompatibilità fra di loro”.
D – Provo a darne una lettura io, magari azzardata. Dieci anni fa si parlava della tua maggioranza come di un laboratorio politico che spaziava da Forza Italia a uomini e donne di sinistra più o meno “moderata”. Anche nel secondo mandato c’è stato un mix di ideali e provenienza politiche variegato: non è che queste differenti nature, inizialmente unite, oggi in clima elettorale si sono del tutto separate?
R – “Forse sì, ma credo che più che un’incompatibilità politica, si sia trattato e si tratti proprio di incompatibilità caratteriale. Magari non con Eleonora, che è uscita al primo mandato, forse per la voglia di candidarsi sindaco: credo volesse bruciare le tappe ma non c’è riuscita”.
D – Non voglio entrare nelle dinamiche dei rapporti o dell’attuale, esplicita polemica tra il tuo vicesindaco, oggi candidato, Luca Benni e te, ma ti rivolgo la stessa domanda che porrò a lui: cosa salvi di questi dieci anni di lavoro assieme?
R – “Luca è stato sicuramente una persona leale, che ha continuato ad amministrare anche durante la mia sospensione, che non se ne è mai andato anche nei momenti di scontro. Ha creato un po’ di litigiosità, magari: se n’è andato qualcun altro, e questo ha creato un po’ di cortocircuito. Ma secondo me, per il bene che gli voglio, non è la persona adatta per amministrare il Comune di Montalto di Castro oggi, per come lui intende la politica: in modo troppo accentrato, stringendo a sé le deleghe. Questo gli contesto, ma salvo la lealtà, la voglia, l’entusiasmo, il suo modo di stare in politica: gli avevo detto di cercare un altro candidato, perché lui, per me, è un ottimo uomo di squadra, ma a mio avviso non può essere un sindaco che lega un gruppo”.
D – È solo questo, o ci sono anche dinamiche legate ai partiti politici, accentuatesi in particolare dopo l’elezione del Presidente della Provincia?
R – “Dopo le Provinciali si è sicuramente creata una frattura, e anzi mi dispiace anche di quanto dichiara ora il coordinatore provinciale di Forza Italia: sembra che esponendoci abbiamo fatto una mattata, invece lui si era espresso dicendoci “Mai con uomini di Fioroni”, considerato uno degli artefici della caduta del sindaco di FI a Viterbo. Ho seguito le direttive di FI, poi se non era d’accordo sul fare l’endorsement pubblico o meno è un’altra cosa. Però sì, la politica provinciale ha chiaramente indirizzato queste decisioni e io, che sono uomo di partito, ho seguito quell’indicazione al 100%”.
D – Insomma, a giochi fatti, avevi di fronte tre liste con dentro tuoi ex “compagni di viaggio” e hai scelto non solo una delle due che non ha tuoi precedenti colleghi d’amministrazione, ma addirittura quella che, visti i trascorsi passati con Brizi e Carai, potremmo definire “dei nemici”. Domanda banale ma necessaria, perché?
R – “Innanzitutto, perché le liste in cui ci sono miei ex colleghi in giunta o consiglio non ci hanno voluti: abbiamo contattato tutti e ci siamo confrontati con tutti, anche perché alla fine sono tutte simili, e anche per questo dicono che avrebbero dovuto unirsi. Forse avevano paura che fossi troppo ingombrante, o troppo somaro, non lo so! Ho sempre pensato che qualora la mia “famiglia amministrativa” si fosse divisa, io non avrei scelto un figlio piuttosto che un altro, semmai sarei entrato cercando di farle unire, almeno due di tre”.
D – Ma perché proprio Brizi?
R – “Alla fine ho scelto la più coerente, la persona che ho sempre combattuto e che mi ha combattuto, che però ha un partito dietro. Mi sono chiesto: cosa può fare il bene di Montalto? Ho ragionato con Nicola Zingaretti, che è un presidente certo non di Forza Italia, ho recuperato dei finanziamenti grazie alla Regione, ho preso due milioni e mezzo per il ripascimento sempre dalla Regione: credo che i rapporti si tengano con i partiti, non con le liste civiche. Molti dicono che in un paese i partiti non contano: per me sbagliano. I partiti contano moltissimo, stanno al governo nazionale, regionale o europeo: chiaro che anche i rapporti personali sono importanti, ma solo se dietro c’è un’etichetta chiara”.
D – È una delle cose cambiate in quesi dieci anni? Nel 2012 l’avresti pensata così?
R – “No. L’esperienza ti fa capire che bisogna stare sul binario. È così strano che FI appoggi un candidato del Partito Democratico? In fondo, il presidente della Provincia di Viterbo è stato eletto così, in Europa PSE e PPE governano assieme, e oggi lo fanno anche in Italia”.
D – Abbiamo quasi finito e arriva la domanda più banale: che farai ora?
R – “Ritorno a lavorare, pensando chiaramente ai progetti politici futuri: la decisione che ho preso, adesso, di fare questo endorsement pubblico a un candidato in lista. è sicuramente una decisione che potrebbe influenzare profondamente il futuro politico. Il futuro dipende tanto dal risultato, ma una cosa è sicura: continuerò a fare politica”.