Riceviamo e pubblichiamo
“La Regione Lazio ha presentato ulteriori osservazioni per ribadire la contrarietà al deposito dei rifiuti radioattivi nella Tuscia”. Lo comunica il consigliere regionale del Pd Enrico Panunzi. Il documento, a firma dell’assessore regionale Massimiliano Valeriani, è stato inviato con pec e secondo le modalità previste dalla normativa, entro il termine del 15 gennaio.
“Il documento si articola in cinque punti, con una serie di note e allegati aggiuntivi – prosegue il vice presidente della X commissione -. Si sottolinea come la provincia di Viterbo abbia una forte vocazione agricola e turistica, presenti numerosi vincoli archeologici e paesaggistici e altre caratteristiche che la rendono non idonea a ospitare il sito di stoccaggio selle scorie radioattive. Inoltre, il Piano regionale di gestione dei rifiuti e il Piano territoriale paesistico regionale non individuano luoghi adatti ad accogliere un deposito unico”.
Con riferimento agli aspetti più tipici del paesaggio e della valorizzazione dei suoli agricoli destinati a colture di pregio, la Regione Lazio, prima in Italia, ha approvato la legge 11 del luglio 2019, con primo firmatario il consigliere regionale Enrico Panunzi, per l’istituzione e il riconoscimento dei biodistretti. Al riguardo, nella Tuscia, con la delibera di Giunta Regionale 737 dell’ottobre 2019, è stato riconosciuto il biodistretto Via Amerina e delle Forre, avente come ambito territoriale i comuni di Calcata, Canepina, Castel Sant’Elia, Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Faleria, Gallese, Nepi, Orte, Vallerano, Vasanello e Vignanello. Il biodistretto della Via Amerina e delle Forre nasce dall’esperienza di importanti aziende che hanno fatto la storia dell’agricoltura biologica laziale.
Per il rilancio delle aree interne e dei centri minori, la Strategia nazionale per le aree interne (Snai), proposta dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione territoriale (Dps) e contenuta nell’accordo di partenariato 2014-2020, ha previsto interventi volti ad assicurare livelli adeguati dei servizi essenziali alla popolazione e progetti per la promozione dello sviluppo locale, finanziati attraverso le risorse regionali disponibili e i Fondi SIE della programmazione regionale 2014-2020 (POR FESR e FSE, PSR FEASR). Dall’agosto 2013 è stato così avviato un processo che ha portato, con la deliberazione della Giunta Regionale 477 del 17 luglio 2014, all’individuazione dell’area “Alta Tuscia Antica città di Castro”, comprendente Acquapendente, Arlena di Castro, Canino, Capodimonte, Cellere, Farnese, Gradoli, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Latera, Marta, Montalto di Castro, Onano, Piansano, Proceno, San Lorenzo Nuovo, Tessennano, Tuscania, Valentano e la Comunità Montana “Alta Tuscia Laziale”.
Nella scelta dei siti potenzialmente idonei non si è tenuto conto né dei criteri localizzativi del Piano regionale di gestione dei rifiuti, né delle previsioni del Piano territoriale paesistico regionale. L’inadeguatezza delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto costituisce un ulteriore motivo per rafforzare la contrarietà alla localizzazione del deposito nella provincia di Viterbo. Nella scelta dei siti potenzialmente idonei non si è adeguatamente considerato il Documento ISPRA – guida tecnica n. 29 recante “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività”.
“L’individuazione nella provincia di Viterbo del deposito – conclude il consigliere regionale Panunzi – sarebbe in netto contrasto con le politiche portate avanti in questi anni dalla Regione Lazio per la valorizzazione e la promozione delle eccellenze agricole, culturali e ambientali del nostro territorio. La Tuscia non può ospitare il sito di stoccaggio dei rifiuti radioattivi”.