(s.t.) Dal Giro… ai giri (di pista). Di Tiziano Monti, atleta paralimpico di Tarquinia, potremmo dare tante definizioni, ma certo una delle prime con cui viene di descriverlo è la sua capacità di cercare sempre di arrivare un po’ oltre quello che sembra “possibile”. Magari mettendoci un briciolo di adrenalina a cui lui non vuole rinunciare.
Così, chiacchierando con lui su una panchina all’Alberata, capita di sentirsi raccontare che non appena è sceso, in maglia rosa, dall’handbike con cui aveva appena vinto il Giro d’Italia nella sua categoria, sia salito su una Bmw, appositamente preparata con i comandi manuali, per una sessione di guida sportiva sulla pista di Vallelunga.
“Con Obiettivo 3, il team ideato da Alex Zanardi per avvicinare allo sport ragazzi affetti da differenti disabilità, c’è stata questa opportunità di seguire una lezione teoria e fare dei giri affiancati dagli istruttori – spiega Tiziano – e certo non me la sono fatta sfuggire”.
Insomma, dalla vittoria ad Assisi passando per Vallelunga, che settimana è stata?
“Alla fine, non è cambiato molto. – risponde dopo un attimo di riflessione – Vallelunga a parte, è stata una settimana tranquilla, con quel pizzico di euforia e qualche complimento in più, che sicuro non dispiace. Certo, il Giro è un traguardo importante, ma non voglio adagiarmi sugli allori per questo successo: bisogno sempre continuare a pedalare”.
E se non su questa vittoria, su quale obiettivo speri di poterti adagiare un giorno?
“Beh, il sogno di uno sportivo è quello olimpico. E da qui a tre anni la strada è lunghissima, le cose possono cambiare in un senso o nell’altro. Io cercherò di lavorare ogni giorno per arrivarci, ma in mezzo ci sono tanti traguardi da provare a raggiungere”.
Proprio vero, in tre anni può cambiare tutto. E i tuoi ultimi trentasei mesi lo dimostrano.
“È vero, dal giorno dell’incidente sono, proprio oggi, tre anni esatti. E mi viene da pensare come da allora ci siano state delle date simboliche. La prima corsa su strada, a Tarquinia Lido, a un anno esatto dall’incidente. Ora questa vittoria: sembra quasi che all’avvicinarsi di quella data succeda sempre qualcosa di speciale: forse devo sperare che spostino le olimpiadi a ottobre!”.
Insomma, non senti storie: vuoi andare a Parigi.
“Sì, assolutamente. Ci sono stato già quattro o cinque volte, ma tutte da visitatore. Proviamo ad arrivarci da attore protagonista”.
Ci sto! Anche io ci sono stato un po’ di volte, non mi spiacerebbe tornarci da giornalista.
“E allora cominciamo a lavorare perché, nel 2022, possa partecipare a qualche appuntamento internazionale: partecipare a un Europeo, un Mondiale o la Coppa del Mondo con la maglia azzurra sarebbe un bel modo di proseguire il percorso. E la partecipazione olimpica passa dai punteggi accumulati in gare di questo tipo”.
Ma questa consapevolezza, questa determinazione verso l’obiettivo, c’è stata da subito appena salito in handbike?
“Forse no, ma quasi. Se devo indicare un momento, penso all’incontro con Alex Zanardi, che mi ha guardato e mi ha invitato a correre con lui. Se me lo ha chiesto, qualcosa deve aver visto, mi sono detto: e da lì è scattato qualcosa. Poi chiaro: da lì a vincere il Giro d’Italia o altre gare ce n’è di strada, ma sicuramente è stato un momento chiave. Il resto l’hanno fatto il lavoro, giorno dopo giorno, l’impegno e i sacrifici: vedere i miglioramenti in allenamento, il saper riportare quella condizione in gara dà grande sicurezza in sé come atleta e porta ad altri risultati. In fondo, da una parte sarebbe bello riuscire a vincere senza fatica, ma che gusto ci sarebbe?”
Oggi quanto tempo dedichi all’allenamento?
“Considera un’ora e mezza o due di allenamento al giorno, per sei giorni la settimana. Per lo più su strada, poi quando il tempo non lo consente in casa, con i rulli. Quest’inverno inseriremo anche un po’ di lavoro in palestra”.
Ma eri così costante, nell’impegno sportivo, anche prima dell’incidente?
“In fondo sì: quando giocavo a calcio sì. Non perdevo un allenamento, e credo la determinazione sia un ingrediente importantissimo, sia nella costanza dell’allenamento che in gara. Così come nell’alimentazione, che è fondamentale per uno sportivo: avete mai visto un ciclista in sovrappeso?”
A proposito di rinunce, sacrifici e costanza: le ultime Olimpiadi hanno acceso le luci della ribalta sul suolo dei mental coach. Per te è stato o è importante l’aiuto di figure simili?
“Devo dire che, in generale, anche nei primi, difficili momenti di questi ultimi tre anni, non ho personalmente sentito troppo il bisogno di un aiuto psicologico, e tendo a reagire spesso da solo alle situazioni. Ma ho partecipato a degli incontri nell’ambito di un progetto chiamato “La Pelle Azzurra”, trovando degli spunti interessanti”.
Spunti da riportare sui pedali, in un inverno di preparazione che aprirà un 2022 di impegni, speranze e obiettivi. Ma prima c’è da chiudere la stagione “rosa” 2021, andando a correre con i colori dell’ANMIL Sport la finale dei campionati di società, a fine ottobre, a Campi Bisenzio.