Riceviamo da Federico Ricci e pubblichiamo
Dal riscontro di quanto emerso su alcuni quotidiani locali, preme da parte mia un piccolo inciso in relazione alla manifestazione prevista per domani giovedì 6 agosto, ai cui organizzatori mi sono prestato, in particolar modo in termini di rapporti con gli organi di stampa ed ausilio nella divulgazione dei comunicati.
Tanto dovrebbe già bastare – ed aver chiarito – a chi volutamente ha ricercato in me un capro espiatorio, da dipingere nel peggiore dei modi possibile e con commenti oltremodo inappropriati, al solo e maldestro tentativo di far passare come politicizzata una manifestazione che fa in realtà seguito a quelle svoltesi in molte altre città d’Italia, per esprimere – con assoluto rispetto ed in maniera del tutto legittima – un dissenso che ha già unito più voci, da autorevoli giuristi financo al mondo cattolico.
Un dissenso che non rappresenta, nella maniera più lontana possibile, alcuna forma di discriminazione – come qualcuno vorrebbe far credere – ma che muove le premesse dall’idea che quello che si appresta ad essere approvato in Parlamento (con buona pace di chi pensa che nel mezzo di una pandemia e di una crisi economica le priorità siano altre) rischia di essere un provvedimento meramente ideologico, oltre che a suscitare non pochi dubbi in ordine al rispetto dei principi di uguaglianza, tassatività e certezza del diritto.
Si tratta infatti di fare di alcune persone, uguali a tutte le altre, una categoria a sé stante, quando già ogni cittadino risulta ampiamente tutelato da atti lesivi secondo l’attuale sistema giudiziario; al più sarebbe stato opportuno estendere le aggravanti generiche di cui all’art. 61 c.p., piuttosto che prevedere tutele penali differenziate, con il rischio evidente di creare categorie di persone in senso proprio, che anziché promuovere l’uguaglianza generano di fatto disuguaglianze. Palese altresì il rischio rappresentato dall’introduzione di termini generici – quali genere, orientamento sessuale ed identità di genere – che lasciano ampio spazio all’interpretazione ed alla valutazione caso per caso, aumentando la confusione ed il margine di arbitrio applicativo.
La libertà di espressione che si intende tutelare, non è certamente quella di offendere od insultare qualcuno, nel caso di specie per il proprio orientamento sessuale, giacché il legislatore già prevede adeguati rimedi giudiziari; si tratta della libertà di non doversi, necessariamente, conformare al pensiero unico – come la libertà di esprimersi tranquillamente in favore della famiglia naturale – nel rischio di incombere in trattamenti sanzionatori astronomici e nel margine di incertezza che emergerebbe ad oggi dalla conversione in legge di tale provvedimento.
Quanto detto, dovrebbe essere sufficiente a semplificare a quanti, taluni in maniera piuttosto goffa, altri volutamente pretestuosa, hanno inteso nel concetto di libertà di espressione la possibilità di arrecare danno al sentimento o all’ immagine altrui.
Infine, anche se mi sembra vistosamente superfluo specificarlo, onde tuttavia porre fine ai passatempo di chi si diletta in basse strumentalizzazioni, lungi da me ogni forma di discriminazione in base all’orientamento sessuale.
Federico Ricci