Riceviamo da Luigi Calandrini e pubblichiamo
Gentile ing. Mazzotta,
ritengo doveroso un diritto di replica su quanto da lei asserito nella risposta al mio articolo riguardante l’istituzione di un’area di sosta per ospitare le auto di quei turisti che intendono raggiungere la spiaggia libera in località Voltone, messa a disposizione dall’Amministrazione Comunale, alla stregua di altri tratti di arenile individuati lungo la costa del nostro Comune.
Come detto nel mio primo articolo, non intendo soffermarmi sulla parte relativa alla sicurezza poiché parto dall’assunto che sia stata oggetto di valutazione preliminare e propedeutica all’emanazione del provvedimento amministrativo. Così come reputo di dover sommariamente chiarire e tranquillizzarla sul fatto che non sono la stella polare di nessuno se non di me stesso e che ho coscienza di non essere “autorevole” ed illuminante per nessuno.
Fatta questa breve ma doverosa premessa, vorrei ritornare su alcuni passaggi di natura tecnica contenuti nella sua risposta. Lei dice che NON essendo specificatamente individuata tale attività (costruzione (?) temporanea di parcheggio) tra quelle contenute sull’allegato A) del D.P.R. 31/2017 ed in particolare il punto A.16. “ …(lei) troverebbe normative ben più solide e chiare, senza possibilità di fraintendimento nei testi Unici.”
Premesso che il suo riferimento a normative ben più solide e chiare rimane molto fumoso ed astratto (sicuramente meno esaustivo di quanto da me sostenuto e qui confermato), vorrei farle presente che parlare di parcheggio è improprio e fuorviante poiché quell’area di sosta autovetture temporanea è del tutto gratuita ed a servizio della collettività che deve raggiungere il tratto di spiaggia libera. Diversamente il termine parcheggio va utilizzato per attività commerciali in forma stabile che prevedono il pagamento di un pedaggio, la custodia delle auto, la delimitazione dell’area con idonea recinzione munita di varchi di entrata ed uscita, il casotto per il custode e quanto altro previsto dalla normativa di riferimento. E solo in quel caso si può parlare della necessità di una variante urbanistica per aree a Servizi da attribuire ai terreni interessati con procedure del tutto diverse dal cambio di destinazione d’uso che è riferito esclusivamente agli edifici.
Scorrendo la sua lettera asserisce poi che “ …anche nella NON presenza di alcun tipo di opera e senza alcuna alterazione edilizia, l’art. 10 D.P.R. 380 /2001 nella lettera C definisce e identifica che per gli interventi che comportino mutamenti della destinazione d’uso debbano essere richieste le relative autorizzazioni alle autorità competenti, A.R.D.I.S. e Provincia Territoriale (Norme di Attuazione PAI, Art 8 lettera B).” Se leggiamo bene la lettera c) di tale articolo, che di seguito riporto, ci si accorge che la necessità di richiedere le relative autorizzazioni alle autorità competenti riguarda, si, il mutamento della destinazione d’uso, ma per interventi di ristrutturazione edilizia degli edifici e degli immobili (fabbricati e costruzioni) compresi anche quelli ubicati nelle nelle zone omogenee A, che per i non addetti ai lavori sarebbero i nuclei storici perimetrati quale ad esempio il centro storico di Tarquinia racchiuso all’interno della cinta muraria. Circostanza che nulla ha a che vedere con un terreno posto in zona agricola privo di qualsivoglia costruzione e di mutamenti della destinazione urbanistica.
“Art. 10 (L) – Interventi subordinati a permesso di costruire
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.
Di seguito e sempre riferito al mutamento della destinazione d’uso del terreno lei richiama lo “…stesso regolamento PAI all’art.23 comma 2 lettera b, che identifica il cambio di destinazione d’uso e l’aumento di carico urbanistico NON consentiti nelle aree di tutela A1 e B1.” Ebbene, anche in questo caso leggendo nella sua interezza quanto contenuto all’articolo 23 comma 2, lettera b), che di seguito riporto, ci accorgeremo che le limitazioni imposte da tale strumento di tutela si riferiscono agli interventi sul patrimonio edilizio esistente da intendersi, come per il caso trattato in precedenza, immobili, fabbricati e simili. E di conseguenza all’aumento di carico urbanistico inteso come maggior numero di residenti insediabili in forma stabile all’interno di alloggi abitativi. Sempre non perdendo di vista che nel nostro caso non sussiste, a parere di chi scrive, alcun cambio di destinazione comportante aumento del carico urbanistico.
ART. 23 (Disciplina delle aree a pericolo d’inondazione molto elevato) – aree a pericolo A1 –2. Nella fascia A1 non è consentito effettuare tutte le opere ed attività di trasformazione dello stato dei luoghi ivi compresi i campeggi e le attrezzature turistico-ricreative all’aperto e quelle di carattere urbanistico e edilizio, ad esclusiva eccezione di quelle di seguito elencate:
b) interventi sul patrimonio edilizio esistente, di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art.3 del D.P.R. n.380/2001, senza aumento di superfici e di volumi ad esclusione dei cambi di destinazione d’uso che comportino aumento di carico urbanistico;
Poco più avanti richiama l’art. 23 comma 2 lettera k) del più volte menzionato PAI sostenendo che “ … le occupazioni temporanee NON debbano ridurre le capacità di portata del terreno e debbano essere autorizzate solo tramite autorità della Regione”.
Ebbene anche in questo caso, non so se per una svista, il contenuto del comma 2 lettera h) che di seguito trascrivo integralmente, è sostanzialmente diverso da quanto da lei riportato. Infatti la riduzione della capacità di portata non è affatto riferita ai terreni nella loro totalità ma più propriamente ed opportunamente alla portata dell’alveo dove per alveo, lei mi insegna, si intende la parte di terreno occupata dalle acque di un corso o di uno specchio d’acqua (torrente, ruscello, fiume, canale, lago, ecc.). Fermo restando, come per il caso precedente, che la lettera k) rientra tra gli interventi che sfuggono al divieto di trasformazione dello stato dei luoghi, in special modo per il caso trattato dove non sono previste occupazioni con strutture o manufatti di alcuna natura.
ART. 23 (Disciplina delle aree a pericolo d’inondazione molto elevato) – aree a pericolo A1 – 1. Nella fascia A1, come definita dall’articolo 7, il Piano persegue l’obiettivo di garantire le condizioni di sicurezza idraulica, assicurando il libero deflusso della piena con tempo di ritorno di 30 anni, nonché il mantenimento o il recupero delle condizioni di equilibrio dinamico dell’alveo; 2. Nella fascia A1 non è consentito effettuare tutte le opere ed attività di trasformazione dello stato dei luoghi ivi compresi i campeggi e le attrezzature turistico-ricreative all’aperto e quelle di carattere urbanistico e edilizio, ad esclusiva eccezione di quelle di seguito elencate:
k) occupazioni temporanee, se non riducono la capacità di portata dell’alveo, realizzate in modo da non recare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità in caso di piena, previa approvazione dell’Autorità;
Infine è appena il caso di ricordare che i terreni interessati dal provvedimento verranno utilizzati nel periodo che riguarda la seconda metà del mese di giugno ed i mesi di luglio ed agosto. E che quindi, ai fini idraulici, eventuali esondazioni (non si capisce bene di quale corso d’acqua), possono essere ipotizzate solo in astratto e con percentuali di probabilità, riferite a tale periodo, intorno allo zero anche rapportate a tempi di ritorno superiori ai 30 anni.
Spero di essere riuscito ad esporre con chiarezza le mie convinzioni sulla natura tecnica del provvedimento, con l’auspicio sincero che si raggiunga una soluzione condivisa e di soddisfacimento per tutte le parti interessate.
Luigi Calandrini