di Matteo Pierro
Parlare di Covid-19 e religioni potrebbe richiamare alla mente il ruolo avuto da alcune di esse nella diffusione della pandemia che sta affliggendo il pianeta. Sono infatti molteplici le notizie di cronaca relative ad alcuni esponenti religiosi e di vari devoti, i cui comportamenti privi di buon senso non hanno fatto altro che agevolare la diffusione dell’ormai noto Coronavirus. Si potrebbe pensare ad esempio alla seguace di un religione asiatica che, nonostante i sintomi del virus, non si è sottoposta ad alcuna cura medica, ritenendo la malattia un segno del disfavore divino e continuando così a frequentare le funzioni religiose della sua comunità, contagiando di conseguenza centinaia di correligionari. Oppure, si potrebbero ricordare gli incontri organizzati dai responsabili di un movimento religioso italiano, i quali hanno indetto delle riunioni di numerosi aderenti, contribuendo così alla diffusione del contagio e violando le norme emesse dagli enti preposti.
Ma come stanno vivendo il fenomeno Coronavirus le comunità dei testimoni di Geova noti soprattutto per la loro opera di evangelizzazione che li porta a cercare il contatto diretto con le persone? In che modo stanno combattendo l’estendersi del contagio? Ne parliamo con 2 responsabili della congregazione di Mercato San Severino, Ludovico Russo e Marco Girardi.
Sig. Russo, cosa state facendo per contrastare il diffondersi del virus?
“Fin dal 19 febbraio abbiamo ricevuto una lettera dalla Congregazione Centrale che cura le nostre attività in tutta Italia affinché si adottassero basilari norme igieniche volte a tutelare la salute nostra e altrui. Ad esempio, fin da quella data, siamo stati incoraggiati a evitare i luoghi affollati e il contatto fisico non necessario come baci, abbracci e strette di mano; siamo stati esortati a lavarci spesso le mani e a tenere a portata di mano disinfettanti. I Testimoni operano a livello mondiale e siamo presenti in ogni nazione. Di conseguenza i nostri confratelli hanno già affrontato epidemie simili nel passato. Penso all’Ebola che flagellò l’Africa alcuni anni fa. In quella occasione prendemmo severe misure volte a prevenire il diffondersi della malattia. Esse sono state poi riportate nella nostra rivista Svegliatevi (numero 6 del 2016) che, dopo la Torre di Guardia, è il periodico più diffuso al mondo. Fra l’altro, nell’articolo in questione venivano indicate delle norme con le quali abbiamo acquistato oggi estrema dimestichezza. Inoltre, man mano che sono stati presi provvedimenti da parte dello Stato ci siamo immediatamente adeguati smettendo di tenere riunioni e restando nelle nostre abitazioni. E’ per noi fondamentale ubbidire alle disposizioni prese dalle governo. La Bibbia ci insegna che dobbiamo essere sottomessi alle leggi delle autorità superiori”.
Quindi in questo periodo state svolgendo l’opera di evangelizzazione porta a porta?
“No. In obbedienza alle norme emanate dallo Governo Italiano e avendo profondo rispetto per il dono divino della vita restiamo a casa nostra. Questo non significa che abbiamo smesso di adempiere alla richiesta di Gesù rivolta ai suoi discepoli e cioè di “predicare”. Lo facciamo in altri modi. Ad esempio, scriviamo lettere o inviamo messaggi in formato elettronico a parenti, amici, colleghi di lavoro, etc. Cerchiamo di portare loro conforto e li aiutiamo a capire che questi tragici eventi non devono farci perdere la fiducia in Dio. Nella Bibbia, nel vangelo di Luca 21:11, era stato predetto, fra l’altro, che poco prima della venuta di quel Regno per il quale tutti i cristiani pregano, recitando il Padre Nostro, sulla terra vi sarebbero state “epidemie” e che esse, come si evince dal libro dell’Apocalisse, avrebbero coinvolto l’intero pianeta. Questo non significa che Dio sia la causa di tali flagelli, un pò come un meteorologo che preannuncia lo scatenarsi di un uragano non può esserne ritenuto responsabile. Anzi, la Bibbia prediceva che molti degli eventi che stanno funestando la nostra epoca sarebbero stati da ascriversi agli ‘uomini che avrebbero rovinato la terra”.
Sig. Girardi, cosa pensate del lavoro svolto dagli operatori sanitari?
“Crediamo che l’operato di medici, paramedici e altri operatori del settore sia preziosissimo. Il loro spirito di sacrificio e abnegazione sono davvero encomiabili. Non crediamo di essere immuni dalle malattie o che esse siano un segno del disfavore divino. A differenza di quanto credono molti, ci sottoponiamo alle cure mediche di buon grado per aver cura e preservare il dono della vita fattoci dal Creatore. Siamo estremamente grati a quanti ci curano nel rispetto delle nostre scelte etiche”.
Cosa state facendo per prendervi cura dei componenti della vostra comunità?
“Le nostre congregazioni sono composte da famiglie e singoli individui, giovani e persone avanti negli anni. Per noi sono tutti preziosi e importanti. Non crediamo che un anziano ammalato sia meno importante di un giovane ammalato. In situazioni normali, ci preoccupiamo di far visita a tutti loro regolarmente, specie a quanti hanno problemi di ordine pratico o emotivo. In questo periodo in cui non ci è possibile uscire di casa ci siamo fin da subito attivati per non farli sentire soli o abbandonati a se stessi. Infatti, mediante i sistemi di videochiamata ci teniamo quotidianamente in contatto con loro e se hanno delle necessità pratiche da soddisfare contattiamo le istituzioni affinché possano ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno. Inoltre, benché non possiamo riunirci fisicamente insieme, mediante la collaborazione di alcuni dei nostri ragazzi, siamo riusciti a far installare a distanza sui telefoni di tutta la nostra comunità un sistema di videoconferenza. In tal modo possiamo riunirci virtualmente per tenere le adunanze che prima tenevamo nelle nostre Sale del Regno. Queste occasioni in cui possiamo vederci e parlare fra di noi sono molto incoraggianti per tutti. Ci stiamo anche organizzando per riunirci in maniera virtuale in occasione della Commemorazione della morte di Cristo che quest’anno cade il 7 aprile”.
Avete un pensiero incoraggiante da condividere con i lettori?
“Sì, è quello che usiamo spesso quando ci sentiamo con i nostri confratelli. E’ riportato nella Bibbia nella prima lettera ai Tessalonicesi capitolo 2 versi 17 e 20. Lì è scritto: “Fratelli, quando siamo stati separati da voi (di persona, non con il cuore), anche se per poco tempo, sentivamo così tanto la vostra mancanza che abbiamo fatto ogni sforzo per riuscire a vedervi di persona. Voi siete senz’altro la nostra gloria e la nostra gioia!”