Riceviamo dal dott. Ugo La Rosa e pubblichiamo
Quando finiranno gli slogan pubblicitari, le accuse reciproche e gli “io l’avevo detto”, e si comincerà a scrivere la storia di questa infezione, forse le cose saranno riviste con maggiore serietà ed aderenza alla realtà.
Era il “virus cinese”, all’inizio, dapprima sottovalutato dalle autorità di governo di quel paese e successivamente causa della messa in quarantena di decine di milioni di persone, con metodi e sistemi molto persuasivi, ma anche accettati con molta disciplina da popolazioni abituate, molto più di noi, a rispettare le norme ed i divieti.
Allora il pericolo ci appariva lontano e l’unica nostra preoccupazione fu andarsi a riprendere quei nostri ragazzi rinchiusi in casa lì, lontani da mamma e papà, e riportarli al sicuro da noi; e così dispose il nostro governo, con percorsi di rientro molto ben organizzati per evitare che quelle persone portassero qui da noi anche il virus. I telegiornali ci mostravano le immagini e ci illustravano i viaggi con il massimo della protezioni mediche, la quarantena in appositi centri all’arrivo in Italia, i controlli periodici del loro stato di salute. E, sempre per evitare l’arrivo del virus, a fine gennaio il governo dispose la sospensione dei voli dalla Cina, misura che a tanti parve eccessiva ed anche all’OMS, che non paventava ancora il rischio di una pandemia (cosa che avverrà solamente l’11 marzo).
Eravamo a fine gennaio e la situazione appariva abbastanza tranquilla; proprio il 30 gennaio ci furono i primi due casi in Italia, ma si trattava di due turisti cinesi prontamente portati allo Spallanzani ed isolati.
Potevamo stare tranquilli? Potevamo fare altro, allora? La caratteristica principale del Covid-19 è che si tratta di un virus con altissima contagiosità ma bassissima morbilità, che da una parte è un fatto positivo – solo pochi degli infetti si ammalano – ma dall’altro comporta il rischio che esso si diffonda, con rapidità e senza lasciare tracce, e che un solo infettato possa portare, nello spazio di giorni o poche settimane, a centinaia e migliaia di infetti. E quando questi sono tanti, l’infezione comincia a manifestarsi, a causa di quelli che si ammalano. Solo allora, prima nessun indizio.
Ed è quello che successe con i 16 casi scoperti in Lombardia il 21 febbraio (sembra un secolo fa, ma è passato poco più di un mese!), seguiti da quelli in Veneto. Già il 23 febbraio – due giorni dopo – quei comuni furono messi in quarantena. Da allora è stato un susseguirsi di nuovi focolai e di nuove disposizioni governative, che tendevano, con norme sempre più stringenti, a contenere la diffusione del virus, limitando contatti e spostamenti. Non sempre, però, con successo: strade e parchi ancora affollati, fughe al sud ed alle seconde case, ragazzi al bar o alla movida.
Ma non solo i semplici cittadini tendevano a ignorare i pericoli dell’infezioni; era diviso anche il mondo scientifico, tra chi parlava di una nuova influenza con bassa mortalità e chi paventava i rischi di una pandemia dagli effetti imprevedibili; era diviso anche il mondo politico e spesso le dichiarazioni di tanti di loro, di tutti gli schieramenti, passavano da dichiarazioni tranquillizzanti – è una semplice influenza, tutto aperto, non fermiamo l’economia, non fermiamo il turismo, no alla zona rossa qui da me – alla richiesta di norme ancora più ferree; contraddicendosi nello spazio di pochi giorni.
E, quando l’onda delle paure o delle insicurezze della gente si è fatta man mano più grossa e si è diffusa in tutto il paese, è maturata sempre più incalzante la determinazione di alcuni politici di cavalcare quell’onda, e, incuranti di quanto avevano detto o fatto solo pochi giorni prima, hanno iniziato una sistematica e ben orchestrata azione di critica delle disposizioni governative, giocando sempre al rialzo, banalizzando le decisioni man mano prese e cercando anche di far passare la narrazione di un governo inadeguato nel prevenire la diffusione dell’infezione. Incuranti delle iniziali sottovalutazioni avvenute in altri paesi, in primis da parte dei leaders di Stati Uniti e Gran Bretagna molto vicini alle loro posizioni politiche, e di quanto sta avvenendo adesso in tutto il mondo: il virus arriva in silenzio e nessuno ha modo di accorgersene, tranne quando, oramai, è troppo tardi.
Ed allora, in tutto il mondo, la strada da seguire è quella tracciata dal governo italiano, con provvedimenti coerenti e sempre più stringenti, man mano che la diffusione del virus avanza. Fino alla decisione – molto sofferta, per le prevedibili pesanti conseguenze sull’economia – di bloccare tutti e tutto, tranne le attività che non possono essere fermate. Disposta quando la situazione ed il comportamento di tanti nostri concittadini l’hanno resa inevitabile.
Ugo La Rosa
Medico, specialista In Igiene e Medicina Preventiva già Primario del Laboratorio Analisi dell’Ospedale di Tarquinia (1979/2011)