Riceviamo da Giorgia Pusceddu e pubblichiamo
Era il dopoguerra quando gli agricoltori italiani vennero convinti che per rendere bene in agricoltura e guadagnare molto, bisognava smettere di “produrre poco in tanto spazio ma produrre tanto in poco spazio”. Ebbe inizio da lì, per così dire, il principio di un escalation che portò alcuni prodotti dell’agricoltura italiana a diminuire la qualità, proprio in virtù di un aumento della quantità produttiva. In sostanza, per capire velocemente, in un ettaro di vigneto trasformato a pergola si potevano produrre anche quattrocento quintali di uva anziché gli ottanta classici di un impianto a filare. Solo dopo molti anni, tuttavia, si capì che questa operazione aveva soprattutto abbassato la qualità del prodotto e che la maggiore produttività non aveva portato ad un vantaggio ma ad un peggioramento, che peraltro si ripercuoteva, giusto per rimanere in tema, sulla qualità del vino, considerato uno dei prodotti trasformati di punta della filiera alimentare italiana.
Gli artefici del cambiamento furono la generazione dei “giovani agricoltori negli anni 80”, i cosiddetti agricoltori moderni, gli stessi che hanno fatto decollare nello stesso periodo l’agriturismo, un fenomeno per l’epoca straordinario e innovativo tanto da essere stato considerato come sistema, una piccola rivoluzione del turismo.
Oggi, quando per effetto della comunicazione relativa al Covid-19, stiamo assistendo al tracollo dell’ospitalità: in soccorso al turismo italiano vengono richiamati all’ordine gli stessi attori dell’epoca e a farlo sono alcuni importanti esponenti proprio di quella rivoluzione, Mario Pusceddu e Stefano Caporossi, oggi appartenenti all’ISVRA (Istituto Italiano per il Turismo Rurale e l’Agriturismo), “dobbiamo tranquillizzare i vacanzieri” – affermano Mario e Stefano – “le aziende agricole sono quanto di più sicuro c’è, la vacanza in agriturismo, è come andare in campagna dai nonni, cucina genuina con prodotti della casa, poche persone in un ambiente familiare”. È questa la ricetta proposta per non rinunciare al meritato riposo che ognuno di noi si è guadagnato. L’Italia che lavora non può arrendersi in un momento così complicato.
Giorgia Pusceddu