Vi è mai capitato di leggere un libro, lasciarvi trasportare dalla storia, assaporare le sue parole ma allo stesso tempo sentire come una sorta di mancanza? Siete lì, vi state godendo il momento ma c’è qualcosa che non va, vorreste un elemento che completasse il senso di quello che state leggendo: la musica.
Chi l’ha detto che solo i film possono avere una colonna sonora? Perché non aggiungere l’ascolto di un brano che si adatti a pennello alle vicende dei protagonisti dei vostri libri preferiti? Noi ci abbiamo provato ed è così che, da due grandi passioni fino ad ora rimaste isolate, è nata la rubrica Book Notes.
Ora non vi resta altro che munirvi di un qualsiasi dispositivo che vi permetta di sentire le canzoni proposte mentre leggete le recensioni e il gioco è fatto. Si inizia con Lolita e con Madness dei Muse, pronti?
di Francesca Quondam Vincenzo
Lolita, la dea bambina, l’ossessione proibita, un gioco pericoloso dove vittima e carnefice si scambiano di ruolo in continuazione.
La trama è ormai nota ai più: un uomo adulto si innamora perdutamente di una ragazzina ed è disposto a tutto pur di tenerla per sempre con sé. Le cose prendono una brutta piega quando il protagonista perde il controllo sulla sua giovane preda ed è ormai troppo tardi per tornare indietro.
Aprendo il libro di Nabokov non riusciamo a non essere disgustati, arrabbiati, spaventati. Per una volta il protagonista non è la persona per cui fare il tifo, non è qualcuno a cui vorremo somigliare o da cui aspettarci dei consigli di vita.
Quando apriamo Lolita vogliamo che i nostri giudizi trovino conferma, che la nostra morale abbia un capro espiatorio su cui gettarsi e invece no, non succederà nulla di tutto questo perché quel libro è capace di mettere qualsiasi cosa in discussione, anche e soprattutto quei sani principi a cui siamo tanto attaccati. Sì perché Lolita non è la povera vittima indifesa o almeno non solo. Lolita è calcolatrice, è avida e crudele, a volte anche più del suo rapitore.
Leggendo quello che si prova è un senso di disagio soprattutto perché il tipo d’amore che ci viene proposto, per quanto sbagliato e malato, è così travolgente, così forte e senza compromessi, che ci viene da chiederci che male ci sia a lasciarsi totalmente annullare da una passione così.
Quella di Humbert Humbert è una “Madness”, una pazzia consapevole che distorce la realtà, una sinfonia dispotica da cui è impossibile scappare. Nabokov, con i suoi sapienti giochi di parole, il suo sarcasmo intelligente, sa creare un ritmo che come la canzone dei Muse ci lancia in un universo perturbante dove quello che riecheggia è un interrogativo, quello espresso dai versi
And now, I need to know is this real love
or is it just madness keeping us afloat?
a cui cerchiamo disperatamente di dare risposta. È facile immaginarsi Humbert sussurrare “Our love is madness” mentre cerca di soffocare il suo urlo d’amore straziante, il suo bisogno di essere salvato anche e soprattutto da sé stesso.
A un certo punto, che lo si voglia o meno, ci si ritrova davvero a fare il tifo per quell’uomo, l’incarnazione del bau bau che tanto ci spaventava da bambini. Vogliamo che lui trovi finalmente qualcuno che lo ami nonostante se stesso e che importa se quel qualcuno è solo una bambina capricciosa?
Lolita sa soddisfare la parte più scura che giace silenziosa in ognuno di noi, quella che cerchiamo di nascondere, quella che ai mostri non solo ci crede ma vuole anche che vengano a rapirla per portarla in un mondo dove le sfumature tra giusto e sbagliato si annullano.