“Mi viene sempre in mente una frase che mi ripeto da quando sono tornato: non so se ho pensato troppo o troppo poco, non riesco a ricordarlo. La mente era così libera e sgombra che il pensare era l’ultimo dei miei problemi”. Torna la rubrica de lextra.news che racconta i ricordi, le emozioni e le filosofie dei viaggiatori, (qui la precedente intervista a Roberto Romano) e lo fa rivivendo una delle esperienze più intense di viaggio, il Cammino di Santiago.
A parlarne è Daniele Bassanelli, ventisettenne di Monte Romano che proprio la scorsa estate ha deciso di affrontare un tratto del cammino, “precisamente da Leon a Santiago, per poi proseguire verso l’oceano e terminare il mio percorso a Finisterre”. Un’esperienza che ne ha rivoluzionato la filosofia e lo stile di viaggio. “Prima dell’estate scorsa avevo sempre fatto viaggi in città d’arte e capitali europee, prenotando sempre tutto nei minimi dettagli – alberghi, voli cose da visitare – quasi fosse una fissazione la mia. In questo viaggio ho rotto tutti gli schemi, ho preso informazioni ma non troppe, me la volevo vivere a pieno. Unica cosa prenotata il volo d’andata, il resto sono state prenotazioni di ostelli al momento dell’arrivo giornaliero e il viaggio di ritorno tre giorni prima del mio rientro”.
“Devo dire che è stato in questo caso che ho apprezzato l’essenza del viaggiare, – confessa Daniele – di provare emozioni nuove, partire all’avventura, vivere alla giornata e apprezzare veramente ciò che ci circonda”.
Viaggi da solo di solito o preferisci essere in compagnia? “Preferisco la compagnia in generale, ma ho apprezzato, e molto, la solitudine. – racconta Daniele – In un viaggio del genere, dove devi camminare per ore, un compagno o una battuta possono alleviare i dolori o la stanchezza, ma i momenti di silenzio, i momenti in cui sei solo con i tuoi pensieri e le tue emozioni sono essenziali. Principalmente ho camminato in solitaria, ma avevo la sicurezza del gruppo di ragazzi che ho conosciuto: ognuno al suo passo, alcuni avanti, altri dietro, anche a poche decine di metri di distanza, ma ognuno capiva quando e con chi era il momento di stare insieme o lasciarlo solo”.
“E se ci penso – continua – vivere in sinergia con un gruppo di persone che neanche sapevo esistessero e che, nel viaggio e dopo il viaggio, diventano un punto fermo della tua vita è l’esperienza più importante che ho fatto”.
Accantonando un attimo l’aspetto emotivo, passiamo alle emozioni delle scoperte gastronomiche. “Fortunatamente prendevamo ostelli provvisti di cucina, – ricorda Daniele – quindi cucinavamo quasi sempre. Per quel che riguarda le volte in cui abbiamo mangiato cibi locali, posso dire che in realtà apprezzi ogni singolo pasto, perché è motivo di riposo e recupero di energie. Il cibo più buono? Forse la paella, seguito dalle uova, anche se dopo un po’ non ne puoi davvero più di uova in tutte le salse. Il peggiore sicuramente la pasta al sugo, stracotta e senza sale, anche se per le persone del luogo era addirittura al dente! Oltre a questo, il caffè, lunghissimo: acqua colorata, in pratica!”.
La chiacchierata passa poi agli aneddoti, ai ricordi magici e curiosi. La persona più stravagante che hai incontrato? “Mah, ce ne sono diverse: forse la più stravagante una ragazza russa, partita da Mosca, che ha viaggiato in parte in autostop, in parte a piedi fino alla Spagna. Vestito lungo, bastone con piume, altissima: una sorta di elfo uscita da un film”.
“Il momento più magico? L’arrivo alla cattedrale di Santiago. Ce ne sarebbero altri, dalle cene conviviali ai momenti di sfogo sino all’arrivo all’oceano, ma arrivare alla cattedrale è stato emozionante per il carico portato fino a lì e per aver raggiunto l’obiettivo. Il posto più memorabile, invece, è il faro di Finisterre: è stato fantastico arrivare a quelli che una volta considerati i confini del mondo e vedere il tramonto spegnersi sull’oceano”.
Con Daniele parliamo di bilanci e logistica, anche come input per chi è interessato a percorrere il cammino. “È stata una fantastica esperienza, e ripartirei tranquillamente, alla ricerca di nuove emozioni e di nuovi obiettivi da raggiungere. Sicuramente non sono la stessa persona che è partita: le vicende e le vicissitudini di un viaggio ti cambiano, rendersene conto è solo una questione di tempo. Sono partito senza cercare nulla, ho voluto prendere ciò che trovavo sulla mia strada. Si dice che il cammino ti dà quello di cui hai bisogno e non quello che cerchi: probabilmente avevo bisogno di un gruppo coeso e capace di ascoltare. Questo l’ho trovato”.
“Consigli per chi viaggia? Farlo per lunghi periodi, se se ne ha la possibilità, è la cosa migliore: una settimana ti occorre per ambientarti, capire cosa fare, la seconda per goderti il viaggio, poi un paio di giorni per realizzare che è finito e prepararti al rientro”. E uno nello specifico per chi si avventura sulla strada per Santiago? “In realtà sono partito con lo stretto necessario: zaino, abiti e poco altro. Forse la cosa più utile sono state le bacchette da trekking, utili per scaricare il peso dello zaino senza gravare sulle ginocchia, per appoggiarsi sulle discese e spingere nelle salite”.
Prima di salutarci, due domande sul suo futuro da appassionato viaggiatore: hai mai visto un paese visitato come un luogo in cui trasferirti definitivamente? “Nella vita mai dire mai: quando sei lontano da casa e viaggi stai sempre bene, ad un certo punto però ti vengono a mancare gli affetti, gli amici la famiglia. Ma, come detto, non sappiamo cosa la vita ci prospetta, quindi non è detto che un luogo visitato un giorno possa diventare la nostra nuova casa”. E quali viaggi hai in programma per il futuro? “Per il momento non ho le idee ben chiare, mi piacerebbe visitare l’Irlanda per i suoi paesaggi o i paesi scandinavi per vedere l’aurora boreale, un giorno l’America. Chissà, forse in un futuro prenderò la decisione di partire, lo zaino e darò il via ad un’altra avventura”.