Riceviamo da Luigi Calandrini e pubblichiamo
Se la necessità di dotarsi di un nuovo strumento urbanistico (PUGC), invocata dal Movimento Civico e contenuta su un articolo recentemente pubblicato dal lextra.news, si traduce nella volontà di prevedere ulteriore incremento di aree edificabili, la cura è inevitabilmente sbagliata. Lo è innanzitutto perché, se si facesse ora una verifica dell’incremento volumetrico contenuto nel vecchio strumento urbanistico a fronte dell’incremento demografico ipotizzato, ci accorgeremmo che addirittura si dovrebbe operare una riduzione dei volumi programmati.
Se, invece, tale necessità è finalizzata al recupero dei volumi e delle aree degradate e/o dismesse, alla ricerca di nuove aree per la realizzazione di “veri” parcheggi passando per una razionale e più adeguata rete stradale extra-urbana (che ricomprenda la correzione delle vergognose “complanari” ereditate da chi ha voluto questo Corridoio Tirrenico), alla rettifica dei tanti errori di rappresentazione cartografica presenti sull’attuale ed obsoleto P.R.G., all’individuazione del nuovo cimitero (e non dell’ampliamento), al ridimensionamento (in riduzione) del comprensorio edificabile di S. Giorgio, all’individuazione di un’area per la realizzazione di un polo scolastico, vera e propria città dello studente, che consentirebbe il riuso degli attuali plessi scolastici per scopi pubblici diversi, alla riqualificazione del lido di Tarquinia e via discorrendo, allora si potrebbe iniziare a ragionale.
Ma lo si potrebbe fare stando con i piedi per terra e senza voli pindarici alla ricerca di Archistar o nomi di professionisti “stratosferici” in quanto la presenza sul territorio di adeguate figure professionali, affiancata dagli uffici comunali e dai vari studi urbanistici susseguitisi negli anni e depositati senza alcun seguito presso la casa comunale, sarebbero più che sufficienti per dotare il nostro territorio di un adeguato strumento di programmazione concreto, più facilmente attuabile e sicuramente meno oneroso per le casse comunali e per le tasche dei cittadini.
Basterebbe semplicemente attuare una revisione del piano vigente inserendovi quelle piccole, ma grandi cose sopra sinteticamente elencate ed unite a qualche altra che, insieme, risulterebbero sufficienti a conservare e riqualificare il nostro stupendo territorio nel rispetto di quell’enorme patrimonio storico artistico e naturalistico-ambientale che possediamo, dando nuovo impulso all’economia del settore e di tutto l’indotto che vi ruota intorno.
Ovviamente la revisione si rende necessaria anche, se non soprattutto, per un adeguamento delle previsioni e dei contenuti attuali del Piano alle notevoli norme che si sono modificate nel tempo. Vedasi l’approvazione recentissima dei P.T.P.R., il PAI che in ogni caso dovrebbe essere riformato, oltre la molteplicità di norme di natura urbanistica introdotte dalla Regione Lazio, nonché dalla legislazione comunitaria con la quale si deve necessariamente fare i conti.
Io ritengo, come già sostenuto in passato nei vari articoli pubblicati su questa testata, che il futuro di Tarquinia debba passare attraverso strumenti di facile elaborazione ed attuazione in quanto le “storture” presenti sul nostro territorio sono meno gravi di quanto si possa pensare. E su questo terreno, nel rispetto delle opinioni formulate dal Movimento Civico, mi sembra che l’attuale Amministrazione abbia imboccato la strada più giusta.
Luigi Calandrini