(s.t.) Era il 12 aprile del 1970 e il calcio italiano viveva un momento storico: Cagliari e tutta la Sardegna festeggiavano uno straordinario scudetto, con i rossoblù che si laureavano campioni d’Italia di calcio. Era il Cagliari di Gigi Riva e Albertosi, di Gori, Nené, Domenghini e Niccolai allenati da Manlio Scopigno. E in quel gruppo c’era anche un anima due volte rossoblù, non solo i colori del Cagliari ma anche, anzi soprattutto, di Tarquinia: aggregato dalle giovanili a quella squadra diventata leggenda c’era infatti anche Renzo Bonelli.
“Fu una festa incredibile. – ricorda oggi Renzo, a cinquant’anni da quel momento indimenticabile – Quel giorno, contro il Bari, io ero in tribuna: segnarono Riva e Gori, la Juve perse a Roma contro la Lazio e vincemmo il titolo con due giornate di anticipo. Ricordo l’invasione di campo, la festa negli spogliatoi, la baldoria sino a tarda notte a casa del presidente. Noi eravamo i “bambini” di quella squadra, appena saliti dalla primavera, ma resta una cosa fantastica, qualcosa che nella vita resta più che impressa”.
Renzo – che anche Wikipedia ricorda nella rosa rossoblù di quell’anno – era arrivato in Sardegna tre anni prima, nel 1967, per restarci sino al 1972. “Giocavo sia nella Primavera che nella cosiddetta De Martino – ricorda Bonelli – che era una sorta di campionato riserve in cui giocavano quelli della prima squadra meno impiegati o che recuperavano da infortuni, oltre che noi delle giovanili. Era una bella occasione, perché ti confrontavi con tanti giocatori delle prime squadre di serie A. Praticamente in quei due anni, giocai quattro campionati: il mercoledì in campo per la De Martino e il sabato con la Primavera”.
Nel 1969, poi, l’esordio in prima squadra. “Sarebbe dovuto avvenire a Milano, a San Siro, contro l’Inter di Facchetti, Suarez, Mazzola e Corso, ma forse per l’emozione, forse solo per sfortuna, la sera prima mi salì la febbre a 39. Per cui slittò tutto sino al match di Coppa Italia, in casa del grande Torino di Paolino Pulici. Ricordo il mister, facendomi entrare, mi disse: “Lo conosci Ferrini? Oggi te la vedi con lui!”. E Ferrini era “solo” il capitano del Torino e il centrocampista della Nazionale!”.
Da quella apparizione in Coppa Italia, passando per il campionato e le amichevoli, Renzo collezionerà poi circa dieci presenze in prima squadra. “Era un’emozione grande già solo allenarmi con quella squadra di campioni, che allo stesso tempo erano persone del tutto “normali”. Non esagero se dico che di gente come Riva, al mondo, ce n’è pochissima, sia come giocatore che come doti umane, come persona. Ma quella rosa era piena di grandi uomini: penso a Gori, a Nenè, tutti pronti a aiutare noi ragazzi in campo e fuori”.
A Renzo, insomma, il Cagliari è rimasto nel cuore. “Non tanto come Tarquinia, che è il posto che mi ha adottato e dove sono cresciuto, sino ad arrivare a certi livelli. Ma sì, i colori sociali sono simili, e mi sono rimasti addosso entrambi. Oggi, però, sono felice di essere tornato al Tarquinia e spero davvero di poter fare in modo di contribuire a portare in alto il blugranata della mia città”.