(s.t.) Per essere podisti bisogna essere già un po’ pazzi, a spendere ore e ore su strada e svegliarsi all’alba nelle domeniche di relax per andare a correre chissà dove. Pensate quanta follia debba servire per voler preparare e correre 100 chilometri!
Scherzi a parte, sostituite il concetto di “pazzia” con quello di “passione” e, rileggendo la frase sopra, capirete la filosofia che è alla base della 100 kilometri del Passatore, l’ultramaratona più celebre e famosa d’Italia (e non solo); la stessa filosofia che ha animato Massimo Maietto e Giovanni “Gianni” Niccoli della Polisportiva Montalto e gli altri 2.653 partenti che, nello scorso weekend, si sono spostati correndo da Firenze a Faenza.
L’idea, a dire il vero, era del solo Massimo, con Gianni che aveva il ruolo di sparring partner in allenamento. Sino a che, un giorno, Stefania Giannetti – che di Giovanni e la moglie e della Polisportiva il fondamentale ingranaggio di funzionamento – non se ne è uscita con il dire: “A Gia’, perché non provi a fare il passatore insieme al presidente?”
“Voi sete tutti e due matti”, era stata la prima risposta, Non del tutto convinta, se è vero che sabato 28 maggio, alle 15, entrambi erano a Firenze, il chip messo e il pettorale appuntato alla canottiera, alla partenza del Passatore. E così, un viaggio per uno diventa un viaggio per due; anzi per tre, perché ai due alfieri della Polisportiva – primi montaltesi nella storia a concludere la fatica del Passatore – si aggiunge Sergio Smera, tesserato coi Liberi Podisti; anzi, per tre e mezzo, con Stefania che tratto per tratto li segue in macchina soffrendo emotivamente quasi come i corridori.
“È stato difficilissimo – spiega – lasciarli alla partenza, non vederli sfilare come faccio ad ogni gara sotto l’arco di partenza, ed ero agitatissima perché non conoscevo la strada e non sapevo se e come avrei potuto fermarmi per aspettarli passare e per dare loro supporto morale e assistenza”.
“Tanto per non farci mancare niente, si inizia subito in salita – raccontano i Passatori – dopo diversi sali e scendi si affronta l’asperità più impegnativa a circa metà gara, il passo Colla che, con i suoi 900 metri, si fa sentire nelle gambe”. Ma, per rassicurare i fan della Polisportiva, arriva proprio in cima al Colla il messaggio vocale via Whazzapp al gruppo della società, e il clima è divertito e positivo, tra risate e battute.
“Quando sei lì che corri – spiega Massimo Maietto – pensi che proprio non vedi l’ora di arrivare alla fine! Scherzi a parte, sono sensazioni incredibili, vivendo esperienze che in altre gare non vivi, a partire dai ristori passando per i cambi: abbiamo cambiato 3 o 4 volte scarpe ed indumenti”.
E via via scende la notte: “Nell’oscurità ho proceduto sempre insieme agli amici di avventura. – racconta Gianni – 60, 70, 80 km: continuo con la pesantezza delle gambe ma con la voglia di arrivare. A venti kilometri circa dalla fine comincio a forzare l’andatura e un pensiero positivo, mi assale: ormai devo farcela”.
E poi, kilometro dopo kilometro, Faenza. “Alle prime luci dell’alba la cittadina era bellissima – racconta Stefania – piena di gente che acclamava i Passatori”. “Via via vedevo le luci di Faenza che si avvicinavano – continua Gianni – sono entrato in paese e, nonostante fossero le 4 di mattina, la folta schiera di gente che applaudiva e incitava mi ha riempito di gioia autentica”.
“Sinceramente, quando ho visto gli ultimi due kilometri di rettilineo, con l’arco giù in fondo, ho pensato Madonna! Già siamo arrivati!” – scherza Massimo – Ho quasi sperato ce ne fossero altri due! In realtà, quando vedi il traguardo, ti scendono le lacrime e capisci che davvero ce l’hai fatta”.
“Che emozione! – ricorda Gianni – Ho chinato la testa per dar modo ad una ragazza di mettermi la medaglia di partecipazione al collo e ho pensato: “Sono le 4 e 40 della mattina, sono a Faenza ed ho finito il mio primo passatore!”.
“È stata una grandissima soddisfazione – le sensazioni di Sergio Smera – una sfida vinta, bellissime sensazioni: la giusta ricompensa per la determinazione con cui ho preparato questo evento. Ero consapevole che 100 chilometri erano difficili, impegnativi da fare, ma ce l’ho fatta, nonostante le alte temperature non ci abbiano aiutato: la vicinanza dei miei amici Massimo e Gianni è stata determinate”.
Ma oggi, a poche ore dalla fine dell’impresa, sarebbero pronti a riavventurarsi in una esperienza simile? “Se me lo chiedevi il 29 mattina, t’avrei detto che era l’ultima. – parla Massimo – Già il giorno dopo, la penso diversamente: ma se dovessi rifarla, ora che conosco la corsa, cambierei qualcosa anche alla preparazione, anche se l’allenamento è stato tanto e ben fatto”. “Rifarlo? Vedremo… – le parole di Gianni – Ora smaltisco la fatica di questo, poi ci pensiamo!”.
In fondo, il vincitore di quest’anno, come delle dieci precedenti edizioni, è Giorgio Calcaterra, dimostrazione vivente di come correre e ricorrere l’ultramaratona sia più che possibile. Per il futuro, però, c’è tempo: ora è tempo di ringraziamenti e relax.
“Un ringraziamento di cuore va a Stefania – spiegano all’unisono Massimo e Gianni – fondamentale sia durante gli allenamenti che nel corso della gara; ma anche a tutti colori che, anche a tarda notte, hanno chiesto informazioni su di noi in gara, e ai tanti sul percorso che ci hanno incitato”
“Un grazie speciale – chiude Sergio – va ai miei amici della Vetralla Runner e a Laura per avermi aiutato e sostenuto nei mesi della preparazione, a mia moglie Alessandra, a Vilma, Massimiliano e Stefania per avermi assistito durante la gara”.
Ora riposo, poi di nuovo via per le strade di Montalto a preparare i tanti impegni podistici del calendario nostrano. In attesa di qualche nuova impresa: perché quello al Passatore somiglia tanto più ad un arrivederci che a un addio.